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La società siamo noi

noi la storia e la nostra cultura

una cultura senza comparti né livelli

che o c'è o non c'è

Noi le tradizioni

Il dialetto - Così parlavamo

Bruno Fiorentini

"La Guasibbibbia"

Interpretazzione semiseria in sonetti romaneschi

"[Rebecca] mandò a chiamare Giacobbe suo figlio, e gli disse:

'Ecco che Esaù tuo fratello minaccia di ucciderti.

Or dunque, figlio mio, credi a me e fuggi tosto a casa di Laban,

mio fratello, in Haran'."

Genesi XXVII, 42-43

59°

Tela! (1)

Però Giacobbe aveva messo l'ale.

Je lo disse Rebbecca: "Fijo mio,

arza li tacchi… quello è un animale!"

E adesso indove annà? Ma da lo zio (2)!

E ne l'inzogno vide certe scale (3),

un viavai d'angeletti e, lassù, Dio

come pe dije: "Mo te butta male,

però, doppo… Abbi fede! Ce sò Io.".

E fu da qui che lo pijò pe mano

pe guidà er gioco e indirizzà la

[boccia (4):

co ste pecore sue (5) s'annava piano!

Lui sempre a caccia, l'antro a dà 'n

[saccoccia (6)

e nisuno a fregà (7) da bon cristiano.

E uno risicava la capoccia!

Note

1. Via! In fuga! ["Fuggi!", "Scappa!"]

2. Questo zio si chiamava Labano e si dimostrò

gretto e poco affettuoso, come vedremo nei

sonetti seguenti

3. Una lunga scalinata che dalla terra arrivava fino al

cielo

4. L'immagine è tratta, naturalmente, dal gioco delle

bocce in cui si cerca di indirizzare le sfere (bocce)

il più possibile vicino al boccino

5-6. Due sole "pecorelle" fino a quel momento!

E occupate in tutt'altre faccende che ad

incrementare la consistenza del gregge di Dio:

Esaù sempre a caccia;

Giacobbe occupato a fregare ("a dà 'n saccoccia")

Esaù e il padre Isacco .

E ci mancava pure che uno dei due rischiasse la

pelle!

7. Procreare