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La società siamo noi

noi la storia e la nostra cultura

una cultura senza comparti né livelli

che o c'è o non c'è 

 

Noi il pensiero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Luciano Russo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Visionari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il "dio" di Albert Einstein

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ritratto di Albert Einstein all'Università di Princeton,

New Jersey, Stati Uniti d'America.

 

Sebbene non abbia mai lavorato a Princeton, negli

Anni Trenta del secolo scorso vi ha un ufficio nella

Facoltà di Matematica, aspettando la costruzione

dell'Institute for Advanced Study, e le sue idee

ispireranno future generazioni di fisici e matematici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Dio" chi? "Dio" cosa?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Alcuni vedono nella rivoluzionaria teoria e conoscenza della fisica

di Einstein qualcosa di "religioso", come se la natura mostri nitide

tracce di un "dio" e tutto si risolva in una "teologia naturale",

considerando lui stesso più "mascherato teologo" che scienzato.

 

Il fatto è che ciascuno di noi crede in qualcosa e in questo senso

siamo tutti denominabili "credenti", solo che le tante dominanti

"maggioranze" nelle diverse comunità culturali classificano come

"normale", "a norma", cioè "secondo la regola" (!?), il proprio

credo (non solo religioso), arbitrariamente quanto malevolmente

etichettando "devianti" quanti la dovessero pensare in modo

"altro".

 

 

C'è tuttavia una profonda, sostanziale differenza fra "religiosità"

e "spiritualità", fra il "credere" come risultato di una fede - datami

e accettata oppure imposta - e il "credere" come risultato del mio

libero pensiero!

 

Ma se proprio lo si vuole "etichettare" a tutti i costi, è Einstein un

"ateo", un "agnostico", un "deista", un "teista", un "panteista"?...

 

 

L'"a-teismo" ("ateista", "il "senza dio" o "il dannato" nella storia,

bruttissima parola discriminatoria, dal Latino athĕus dal Greco

Antico ἄθεος átheos) si distingue in ateismo "negativo" e

"positivo", il primo, anche detto ateismo "implicito debole" o

"morbido", di chi non crede in dio senza negarne esplicitamente il

concetto, o ateismo "esplicito debole" o "morbido", di chi non

crede che dio debba "necessariamente" esitere, il secondo, anche

detto ateismo "esplicito forte" o "duro", di chi invece crede

fermamente che dio, cioè qualsiasi entità trascendente, in modo

assoluto non esista.

 

L'"a-gnosticismo" (dal Greco Antico ἄγνωστος ágnōstos ignoto), 

di chi non esprime un giudizio, o in quanto "non sa" e non crede

di poter mai arrivare a quel grado di conoscenza, semplicemente

perché l'eventuale "divino" resta comunque intangibile e non

percepibile dagli umani, o in quanto le ritiene semplicemente

"irrilevante" per la propria vita e quella dell'intero genere umano in

generale.

 

Il "deismo" di chi crede che esista un "dio intelligente" o "dio-

intelligenza" e riconosce il Cosmo, la Natura e la Vita come luoghi

eccellenti in cui traspare un'Intelligenza somma, impersonale,

abbagliante, inaccessibile, insomma un dio "introvabile" ma

comunque trovato perché necessario a spiegare l'origine

dell'Universo, di cui "si presume" quindi l'esistenza, ma che si

ritiene inconoscibile e del tutto avulso dalla realtà creata, un

Creato osservabile secondo leggi di un Creatore non osservabile...

anche se alquanto contraddittorio!

 

Il "teismo" di chi crede in un "dio personale" ("uno" unico, allora

mono-, o più "dei", allora poli-), cioè "dio-persona" che, coinvolto

ad ascoltare le lamentele degli umani, ne esaudisca i desideri

espressi sotto forma di preghiere, ne legga i pensieri, intervenga 

nella realtà, si curi dei loro "peccati" o umane trasgressioni contro

la sua legge e delle loro "confessioni" riparatorie, invii "angeli",

messaggeri, metta incinta vergini e compia miracoli a suo gusto o 

capriccio.

 

Il "pan-teismo" di chi crede da "deista" a una sorta di "intelligenza

cosmica" presente in tutto l'esistente, ma un "dio creatore-creato",

immanente nelle sue stesse leggi dell'Universo e in tutto il reale,

per cui il panteismo viene anche detto "ateismo ornato", mentre il

deismo "teismo annacquato".

 

 

È vero che Einstein a volte si esprime così:

 

"Sebbene io sia un tipico solitario nella vita

quotidiana la mia consapevolezza di appartenere

alla comunità invisibile di coloro che lottano per

la verità, la bellezza e la giustizia, mi ha impedito

di sentirmi isolato.

 

L'esperienza più bella e profonda che un umano

possa avere è il senso del mistero... [...].

 

C'è qualcosa che la nostra mente non può

cogliere del tutto e la cui bellezza e sublimità ci

raggiunge solo indirettamente, come un debole

riflesso.

 

Questa è [per me] la 'religiosità' e [solo] in questo

senso sono 'religioso'.

 

A me basta la meraviglia di questi segreti e

tentare umilmente di cogliere con la mia mente

una semplice immagine della sublime struttura di

tutto ciò che è lì presente."

 

 

Ma si esprime anche con inequivocabili espressioni quali:

 

"La parola 'dio' per me non significa altro che

l'espressione il prodotto della debolezza umana,

la Bibbia una collezione di venerabili ma ancora

piuttosto primitive leggende.

 

Nessuna interpretazione, di nessun genere, potrà

mai cambiare questo per me."

 

"Per me la religione ebraica è, come tutte le altre

religioni, l'incarnazione di una superstizione

primitiva.

 

E il Popolo Ebraico, al quale sono orgoglioso di

appartenere e con il quale ho affinità profonda,

non ha una forma di dignità diversa da quella di

altri popoli".

 

 

Altrettanto vero è tuttavia che Einstein dichiara anche:

 

"Credo nel dio di Spinoza, che si rivela

nell'ordine armonioso della natura, non in un 'dio'

che si cura dei destini e delle azioni umane".

 

 

E famosi sono i suoi aforismi, come:

 

"Dio è sottile, ma non malizioso"

"Dio non gioca a dadi"

"Dio aveva scelta quando creò l'Universo?".

 

 

Fosse Einstein davvero panteista, il primo dovrebbe significare

"dio non ci prende in giro, il secondo "dio non ci chiede di giocare

alla cieca", nel senso che la casualità non è l'essenza di tutte le

cose, e il terzo "l'Universo sarebbe potuto cominciare in un altro

modo?".

 

D'altro canto però tale concezione spinoziana del divino, se anche

einsteiniana, potrebbe rischiare di condurre o all'ateismo (se Dio è

tutto, rischia di non essere "niente") o ad una fantasiosa "teologia

mistica" paolino-cristiana, ma non certo "giudaico-cristiana" ("Dio

tutto in tutti" - Prima Lettera ai Corinzi, 15,28).

 

 

E se invece Einstein usasse il termine "dio" in una accezione

puramente poetica e metaforica, in modo da non essere confuso

con il Dio delle Sacre Scritture, né ebraiche né altre?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il significato di "dio"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All'inizio Einstein riferisce ad una "intelligenza cosmica" senza

alcuna attribuzione personale, qualcosa di "sovrapersonale"

secondo il pensiero di Spinoza, ma con quel nitido tocco giudeo-

cristiano di entità "rivelante" sé stessa, una verità che ha in sé la

propria certezza.

 

Insomma, compresa una cosa, questa continua a "manifestarsi in

forza della sua stessa verità", senza bisogno di ulteriori prove.

 

 

Che Einstein pensi a un "dio", che rivela sé stesso nell'armonia 

dell'Universo e nella sua razionale bellezza, suona più come frutto

di una meravigliosa intuizione che di un processo concettuale, un 

atto di umiltà, stupore e riverenza in senso tanto scientifico che

artistico, un'espressione poetica.

 

È proprio in questo la grandezza intellettuale di Einstein, la sua

apparente semplicità, il senso di reverenziale, timorosa meraviglia 

verso la conoscenza, un profondo rispetto verso la scienza.

 

 

Profondo in lui è l'istintivo senso del "sacro", lo scientificamente

"religioso" di un ebreo né fedele né praticante, per cui "scienza" è

la completa dedizione a libertà e comprensione.

 

Fonte di "emotività" scaturisce quindi da regole "razionali", valide

per il mondo dell'esistenza, regole comprensibili per la ragione,

ma di enorme impatto sullo "spirito" (come inteso nella triade

corpo-mente-spirito).

 

 

Infatti a chi gli chiede perché si dica "profondamente 'religioso'",

con calma dignità Einstein risponderà:

 

"Lei cerchi e penetri con i limiti della nostra

mente umana i segreti della natura e scoprirà

che, dietro tutte le discernibili concatenazioni,

rimane sempre un qualcosa di sottile, intangibile

e inesplicabile.

 

La venerazione per questa 'forza', al di là di ogni

altra cosa che noi possiamo comprendere, è la

mia 'religione', a questo titolo io sono 'religioso'".

 

 

E vi sono anche molte altre pagine di Einstein a confermarlo:

 

"Grazie alla conoscenza [lo scienziato] consegue

un'emancipazione di vasta portata dai ceppi delle

speranze e dei desideri personali, e con ciò viene

a quell'atteggiamento di umiltà mentale verso la

grandezza della ragione incarnata nell'esistenza

che, nei suoi più abissali recessi, è inaccessibile

a noi umani.

 

Considero un tale atteggiamento 'religioso' nel

senso più alto del termine."

 

 

"La mia 'religione' consiste in umile ammirazione

dell'illimitato e superiore spirito, il quale rivela sé

stesso negli esili dettagli che noi siamo capaci di

percepire con il nostro fragile e flebile pensiero.

 

La profonda emotiva convinzione di una ragione

superiore, che si rivela in un incomprensibile

Universo, questa è la mia idea di 'dio'."

 

 

"Certo è che alla base di ogni lavoro scientifico

un po' delicato si trova la convinzione, analoga al

sentimento religioso, che il mondo è fondato

sulla ragione e può essere compreso.

 

Tale convinzione [razionale], legata al sentimento

profondo dell'esistenza di una mente superiore

che si manifesta nel mondo dell'esperienza,

costituisce per me l'idea di 'dio', che il linguaggio

corrente può chiamare 'panteismo'."

 

 

Allora, che cosa intende Einstein - in realtà non sempre coerente -

quando riferisce a "dio" come "intelligenza cosmica" e "ragione

incarnata nell'esistenza"?

 

Sembra comunque chiaro che concepisca "dio" come fondamento

spirituale dell'ordine razionale, qualcosa che "trascende" quello

con cui lo scienziato maneggia lavorando sulle leggi naturali.

 

 

A differenza della religione ebraico-cristiana, Einstein rifiuta il

dio "personale" e "antropomorfico", cioè un "dio" creato dagli

umani a propria immagine e somiglianza, se mai accettandone

uno "sovra-personale", slegato cioè dal desiderio della gente di

soddisfare i propri bisogni:

 

"Penso che conti la forza di questo contenuto

'sovrapersonale' e la profondità della convinzione

della sua schiacciante superiorità, si tenti o meno

rapportarlo ad un essere 'divino' [...].

 

Ne segue che una persona 'religiosa' è 'devota',

nel senso di non avere dubbi sul significato e

sulla superiorità di quegli intenti e fini sovra-

personali che non richiedono, né potrebbero

presentare alcun fondamento razionale."

 

 

Alla frequente domanda se creda in "dio", Einstein replica a volte:

 

"Io credo nel 'dio' di Spinoza che rivela sé stesso

nell'armonia di tutto l'essere".

 

(Il "dio" o il "divino" del filosofo Baruch, cioè 'Benedetto' Spinoza,

l'Olandese ebreo maledetto "ateo" dalla sinagoga di Amsterdam,

per sua scelta tagliatore di lenti dopo aver rifiutato una cattedra

universitaria, tra i massimi esponenti del razionalismo del XVII sec

e precursore dell'Illuminismo.

 

"Divino" da lui stesso definito deus sive natura, 'dio la Natura',

nel senso di "'dio' è tutto e tutto è 'dio'", visione panteista che con

"dio" intende un essere infinito, una sostanza fatta di attributi

infiniti ognuno dei quali esprime eterna e infinita essenzialità...,

in altre parole "tutto ciò che è, è in 'dio', e nulla può essere né

essere concepito senza 'dio'").

 

 

Certo, Einstein sostiene anche lui che senza "dio" niente può

essere conosciuto e riferisce costantemente a "dio", ma è davvero

"panteista"?

 

Alla diretta domanda se creda o meno nel 'dio' di Spinoza,

risponderà:

 

"Non posso rispondere con un semplice si o no.

 

Non sono 'ateo' e non penso di potermi chiamare

'panteista'.

 

Noi siamo nella situazione di un piccolo bambino

che entra in una grande biblioteca piena di libri

scritti in tante lingue diverse.

 

Il bambino intuisce che 'qualcuno' deve aver

scritto quei libri, ma non sa 'come'.

 

Il bambino sospetta che debba esserci un ordine

'misterioso' nella sistemazione di quei libri, ma

non conosce 'quale' sia.

 

Questo mi sembra il comportamento più

intelligente dell'essere umano nei confronti di

'dio'.

 

Vediamo un Universo meravigliosamente

ordinato che rispetta leggi precise, che possiamo

però comprendere solo in modo oscuro.

 

I nostri limitati pensieri non possono afferrare la

forza misteriosa che muove le costellazioni.

 

Mi affascina il panteismo di Spinoza, ma ammiro

ben di più il suo contributo al pensiero moderno,

perché egli è il primo filosofo che tratta il corpo e

l'anima come un'unità e non come due cose

separate".  

 

 

Ancora, pressato a rivelare il suo eventuale credo "religioso",

specifica:

 

"Lo sforzo che possiamo fare [come fisici] è solo

delinearne le linee dietro di lui.

 

Più a fondo uno penetra nei segreti della natura,

maggiore diventa il rispetto che si prova per

'dio'".

 

 

Einstein ritiene dunque fermamente quale principale sorgente del

conflitto fra religione e fede la "concezione di un 'dio-persona",

pensarlo antropomorficamente, plasmarlo "a nostra immagine e

somiglianza", proiettargli addosso le nostre conoscenze

psicologiche della "personalità", dando così origine a rituali di

adorazione e attribuendogli una "benevola provvidenza" definita

secondo i nostri desideri umani.

 

Ritorna qui l'Einstein tutto di tutto ma non ateo, per il quale il

concetto di "dio" deve necessariamente rimanere "vago", nel

senso di "intuito", anche se comunque di sicuro "impersonale",

un'entità "sovra-personale", lo scienziato stesso incapace, come

tutti noi umani, di comprenderne - e tantomeno esprimerne - una

qualche dimensione o essenza, di fronte a cui poter rimanere

soltanto in riverente silenzio, illimitato timore, assoluta meraviglia.

 

 

In un'occasione, all'ennesima domanda sull'"esistenza di 'dio'",

il povero Einstein abbandona la scena e se ne va piangendo, tanto

intensamente lo tocca essere da molti Ebrei biasimato di ateismo,

e rispondendo alla lettera di un bambino che gli domanda se gli

scienziati pregano:

 

"Cercherò di rispondere alla tua domanda nel

più semplice modo possibile.

 

La ricerca scientifica si basa sull'idea che tutto

quello che accade è regolato da 'leggi di natura'

cosa che vale anche per le azioni della gente.

 

Per questo sarà difficile che uno scienziato sia

inclinato a credere che un evento possa venire

influenzato dalla 'preghiera', un'aspirazione

rivolta a un essere soprannaturale.

 

Sappiamo però che la nostra attuale conoscenza

di tali 'leggi' è imperfetta e frammentaria, in fondo

più una 'credenza' nell'esistenza in natura di leggi

fondamentali e onnicomprensive, essa stessa

una sorta di 'fede'.

 

Anche se quest'ultima è [sempre più] largamente

giustificata dal successo della ricerca scientifica.

 

Tuttavia, da un altro punto di vista, chiunque è

seriamente impegnato nella ricerca scientifica si

convince che vi deve essere uno 'spirito' che si

manifesta nelle leggi dell'Universo.

 

Uno spirito molto superiore a quello umano, uno

spirito di fronte al quale, con le nostre modeste

possibilità, possiamo solo provare un senso di

umiltà.

 

In questo modo la ricerca scientifica conduce a

un sentimento 'religioso' di tipo speciale che è

davvero molto differente dalla religiosità di una

persona ingenua".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Dio giudaico-cristiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

e la concezione di Einstein

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In occasione di ogni asta relativa alla cosiddetta "lettera su Dio" di

Albert Einstein del 3 gennaio 1954, la grande risonanza mediatica

riattualizza indirettamente anche un certo dibattito sul rapporto fra

scienza e fede, teorie fisiche e cosmologiche e teologia cristiana.

 

In materia religiosa il Premio Nobel si esprime in diversi suoi

scritti, ma non necessariamente come conseguenza delle sue

ricerche e teorie scientifiche.

 

 

Nella lettera in questione nomina "dio" una sola volta per trattare

piuttosto del suo modo tutto personale di vivere la propria

appartenenza al Popolo Ebraico, anche se la sua visione

scientifica dell'Universo colora inevitabilmente la sua concezione

religiosa.

 

In un'altra lettera di due anni prima Einstein è molto più esplicito

al riguardo:

 

"La convinzione profondamente appassionante

della presenza di un superiore potere razionale,

che si rivela nell'incomprensibile Universo, fonda

la mia idea su 'dio'.

 

Chiunque sia veramente impegnato nel lavoro

scientifico si convince che le leggi della natura

manifestano l'esistenza di uno spirito

immensamente superiore a quello umano, e di

fronte al quale noi, con le nostre modeste facoltà,

dobbiamo essere umili.

 

La mia religiosità consiste in un'umile

ammirazione di quello Spirito immensamente

superiore che si rivela in quel poco che noi, con

il nostro intelletto debole e transitorio, possiamo

comprendere della realtà.

 

Voglio sapere come Dio creò questo mondo.

 

Voglio conoscere i suoi pensieri;

in quanto al resto, sono solo dettagli".

 

 

Spinoza poi, filosofo di radici ebraiche, chiama Gesù "il sommo

filosofo" confrontandosi con la frase detta alla samaritana nel

Quarto Vangelo, quello di Giovanni (Gv 4, 21-24), all'inizio del suo

Tractatus theologico-politicus o "Trattato teologico-politico"

(titolo completo "Trattato teologico-politico contenente alcune

dissertazioni con le quali si mostra che la libertà di filosofare non

soltanto può essere concessa salve restando la pietà e la pace

dello Stato, ma che essa non può essere tolta se non assieme alla

pace dello Stato e alla pietà stessa"):

 

"21 Gesù le dice:

'Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte,

né in Gerusalemme adorerete il Padre.

22 Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che

conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei.

23 Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori

adoreranno il Padre in Spirito e Verità;

perché il Padre cerca tali adoratori.

24 Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in Spirito

e Verità'".

 

 

La concezione spinoziana e a seguire einsteiniana del cosiddetto

"divino" rimane diversamente interpretabile:

 

- in una "visione ateistica", cioè di un panteismo che fa di tutto

"dio", rischiando così di farlo essere nulla

 

- in una "visione teologica", cioè mistica alla "Dio tutto in tutti",

come fa Shaul di Tarso detto Paolo nella "Prima Lettera ai

Corinzi" (1 Cor, 15-28) a lui attribuita dal "Concilio di Roma" del

382.

 

 

Un pensiero comunque molto duramente criticato a Spinoza quale

la "più mostruosa ipotesi che mente umana possa immaginare".

 

Ma di certo, come abbiamo visto sopra e rivedremo nella sua

lettera,  Einstein definisce impietosamente le "'Sacre' Scritture"

una "raccolta di leggende venerande, ma piuttosto primitive",

spingendosi ad affermare che "la 'parola di dio' altro non è che

l'espressione della debolezza umana".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La "lettera su 'dio'"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

John Hays, Vice Presidente di Christie, casa d'aste internazionale,

e uno dei suoi principali banditori, in questo ultimo tentativo

finalmente riuscito ha battuto la lettera di Einstein - già messa in

vendita più volte dagli eredi del destinatario - doppiando le

speranze della vigilia di massimo 1,5 milioni di dollari, compresi i

diritti d'asta per una somma pari a quasi 3 milioni di dollari.

 

Risultato tanto sorprendente che, a vendita conclusa a New York

nel Rockefeller Center, lo stesso battitore si è sentito in obbligo di

uscirsene con un eloquentissimo "Le mie scuse a Dio!"...

 

 

La tanto attenzionata "lettera su 'dio'" di Einstein, una paginetta e

mezza autografa in Tedesco, inviata un anno prima di morire al

filosofo tedesco Erich Gutkind, autore del libro "Choose Life: The

Biblical Call To Revolt", "Scegli la Vita: la chiamata biblica alla

rivolta", pubblicato negli Stati Uniti nel 1952, una reinterpretazione

del Giudaismo tradizionale gradita a molti giovani studenti

universitari, stanchi sia di liberalismo che di ortodossia e alla

ricerca d'altro.

 

Gutkind ne invia una copia ad Albert Einstein, che gli risponde

appunto con questa lettera datata "Princeton, 3 gennaio 1954",

solo per dire che il libro non gli è piaciuto (in verità ne ha scritte

decine in cui affronta i temi dell'Ebraismo e di "dio").

 

 

Curiosamente la famosa lettera, da tutti conosciuta la "lettera su

'dio'", contiente il nome "dio" una volta sola, Einstein di famiglia

ebrea ma critico nei confronti delle religioni anche se non ateo

dichiarato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il testo integrale

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

in Inglese e in Italiano

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entrambi i seguenti testi traduzioni dal Tedesco della lettera

Ebreo-ad-Ebreo, scienzato a un filosofo mistico-pacifista, con

evidenziazioni in rosso della Redazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Princeton, 3 January 1954

 

 

Dear Mr. Gutkind!

 

 

Inspired by Brouwer's repeated

suggestion, I have been reading a great

deal in your book in the last few days,

and I thank you for sending it to me.

 

What particularly struck me was this.

 

 

With regard to our actual attitude to life

and to human society we are broadly

similar:

an ideal beyond the personal that

strives for freedom from self-centred

desires, strives to make existence more

beautiful and enriched, with an

emphasis on the purely humane, where

inanimate things are only seen as a

means to which no dominant role

should be granted.

 

(It is this attitude in particular that

unites us as a truly 'un-American

attitude'.)

 

 

Still, had it not been for Brouwer's

encouragement, I would never have

brought myself to delve into your book

in any way, as it is written in a

language that is inaccessible to me.

 

For me, the word 'god' is nothing more

than the expression and product of

human weaknesses, the Bible a

collection of honourable but still

exceedingly primitive, legends which

are nevertheless pretty childish.

 

 

No interpretation, however subtle,

could change that for me.

 

These rarefied interpretations are by

their nature extremely manifold and are

in almost no way related to the original

text.

 

 

For me, the unadulterated Jewish

religion, like all other religions, is an

incarnation of primitive superstition.

 

And the Jewish people, to whom I

gladly belong and whose mentality I

am deeply embedded in, for me,

possess no dignity distinct from all

other peoples'. 

 

 

In my experience, they are also no

better than other human groups,

although they are protected from the

worst excesses by a lack of power.

 

Otherwise I cannot discern anything

'chosen' about them. 

 

 

In general, I find it painful that you

claim a privileged position and try to

defend it by two walls of pride, an

external one as a human being and an

internal one as a Jew.

 

As a human, you claim to a certain

extent a dispensation from otherwise

accepted causality, as a Jew a privilege

for monotheism.

 

 

But a limited causality is no longer a

causality at all, as our wonderful

Spinoza was the first to incisively

recognise.

 

And the animistic conception of nature

religions is, as a matter of principle,

not nullified by monopolisation.

 

 

Such walls will only lead us to certain

self-deceit;

but our moral efforts are not advanced

by them.

 

Rather the contrary.

 

 

Now that I have quite openly expressed

our differences in intellectual

considerations, it is still clear to me

that we are quite close to each other in

what is essential, i.e. in our evaluations

of human conduct.

 

What separates us is only intellectual

embellishment or 'rationalisation' in

Freudian language.

 

 

Therefore, I think we would get along

quite well when discussing concrete

matters.

 

With kind thanks and best wishes,
 

 


Yours,

A. Einstein"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Princeton, 3 gennaio 1954

 

 

Caro Signor Gutkind,

 

 

stimolato dalle insistenze di Brouwer,

negli ultimi giorni ho letto gran parte

del suo libro e la ringrazio per

avermelo inviato.

 

Ciò che mi ha particolarmente colpito è

questo.

 

 

Per quanto riguarda il nostro attuale

atteggiamento nei confronti della vita e

della società umana in via di massima

abbiamo molto in comune:

un ideale oltre la dimensione personale

di lotta per la libertà dalle brame

dell'egocentrismo, che si sforza di

rendere l'esistenza migliore, più bella e

più ricca, con enfasi sul puramente

umano, dove cose inanimate vengono

viste solo come strumenti a cui mai

concedere un ruolo dominante.

 

(È in particolare questo atteggiamento

"non tipicamente americano" a unirci.)

 

 

Ciò nonostante, non fosse stato per

l'insistenza di Brouwer, non mi sarei

mai dedicato di mia iniziativa ad

approfondirmi in alcun modo nel suo

libro, scritto in un linguaggio che mi è

inaccessibile.

 

Per me la parola 'dio' non è niente più

che espressione e prodotto di

debolezze umane, la Bibbia una

collezione di venerabili, e tuttavia

primitive, leggende, che risultano

comunque piuttosto infantili.

 

 

Per quanto mi riguarda, nessuna

interpretazione, per quanto sottile,

potrebbe farmi cambiare opinione.

 

Tali raffinate interpretazioni sono per

loro natura molto elaborate e non

hanno quasi nulla a che fare con il

testo originale.

 

 

Per me, la genuina Religione Ebraica,

come tutte le altre religioni, è

un'incarnazione delle più grossolane

superstizioni.

 

Ed il Popolo Ebraico, di cui sono felice

di far parte e con il cui modo di pensare

provo molte affinità, profondamente

incluso come sono nella sua mentalità,

non possiede, a mio parere, nessuna

qualità diversa da quelle di qualsiasi

altro popolo.

 

 

E se giudico dalla mia esperienza, [gli

Ebrei] non sono neppure migliori di

altri raggruppamenti umani, anche se

impediti nei peggiori eccessi [come il

cancro della guerra] dalla semplice

mancanza di potere.

 

A parte questo, non riesco a vedere

null'altro di "eletto" in loro.

 

 

Parlando più in generale poi, trovo

penoso il suo rivendicare una posizione

privilegiata e il suo tentativo di

difenderla alzando due muri di

orgoglio, uno esterno, come essere

umano, ed uno interno, come Ebreo.

 

Come essere umano, lei afferma, in un

certo senso, di sentirsi dispensato

dalla causalità che tutti accettano,

mentre come Ebreo rivendica il

privilegio del monoteismo.

 

 

Ma una causalità limitata non è più una

causalità, come il nostro meraviglioso

Spinoza ha incisivamente indicato per

primo.

 

E la concezione animistica delle

religioni naturali, in via di principio, 

non è annullata dalla

monopolizzazione.

 

 

Con muri di questo tipo non solo non

possiamo che arrivare a un certo auto-

accecamento, ma i nostri sforzi morali

non ci guadagnano nulla.

 

Al contrario.

 

 

Ora che ho apertamente espresso le

differenze nelle nostre convinzioni, mi

è altresì chiaro quanto siamo vicini

l'uno all'altro in cose essenziali, come

ad esempio le nostre valutazioni del

comportamento umano.

 

Ciò che ci separa intellettualmente

sono solo accessorio o, per dirlo nella

lingua di Freud, la 'razionalizzazione'.

 

 

Quindi credo che ci intenderemmo bene

se parlassimo di cose concrete.

 

Con sentiti ringraziamenti e i migliori

auguri,

 

suo,

A. Einstein"

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Einstein: l'uomo, il genio"

Mediaset - Science&Vie TV, Francia, 2015

 

53 min 51 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Genio", una di quelle menti brillanti che segnano la storia umana, che non ha bisogno

di presentazioni, le cui scoperte nascono da esperienze di vita e originalità di pensiero,

frutto di un'intelligenza eccezionale, eppure con un iniziale disturbo nell'apprendimento

linguistico, anche se poi compensato da una capacità di analisi visiva molto acuta...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

"Memorie - Fatti e persone da ricordare"  

"Albert Einstein: 'Come io vedo il mondo'"

RAI Play, 2019

 

9 min 2 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   
                       

In-

dietro