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La società siamo noi

noi la storia e la nostra cultura

una cultura senza comparti né livelli

che o c'è o non c'è 

 

Noi il pensiero

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Luciano Russo

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Visionari

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 Il coraggio di sognare

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

C'è visione e visione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Visione" - dal Latino visio, a sua volta da videre, vedere - può

avere significati molto diversi:

 

- la capacità di percepire stimoli luminosi, quindi "vedere" in

senso letterale, nei vertebrati superiori, tra cui l'umano, funzione

sensoriale che crea immagini mentali, intimamente integrata a

quella motoria

 

- l'azione del vedere e "leggere" qualcosa, cioè prenderla "in

visione", nel senso di esaminarla e trarne informazione rilevante,

come ad esempio un paesaggio, un oggetto, un documento

 

- una "apparizione", immagine straordinaria ed inaspettata o

addirittura miracolosamente soprannaturale, davvero "vista",

spontanea o indotta da esseri soprannaturali , o che "si crede di

aver visto", da svegli, come l'allucinazione dei malati o l'estasi

religiosa di asceti e profeti, o mentre si dorme, "in sogno"

 

- un'opera letteraria o teatrale - come alcune medievali, quella

dantesca, ecc. - la trama del cui racconto parta da o si sviluppi

intorno a una "visione" quale tema di base

 

- una "fantasticheria", con o senza dolo, rispettivamente di un

sognatore o di un ciarlatano, una storia inventata, frutto della

propria immaginazione e priva di fondamento nella cosiddetta

realtà "oggettiva", quale ne possa essere la definizione, spesso

in senso dispregiativo

 

- la vista di qualcosa o qualcuno che ci colpisce profondamente, 

in modo particolare, luogo, panorama, opera d'arte, spettacolo

o persona, per lo più in senso positivo ma a volte anche

negativo, come un'esperienza "indimenticabile", una persona per

qualsiasi motivo "meravigliosa" o una scena "raccapricciante"

 

- un'"utopia", cioè un progetto almeno apparentemente o al

momento o nelle attuali circostanze e alle attuali condizioni

"irrealizzabile" o ritenuto tale dai più, comunemente in senso

sprezzante

 

- un modo personale di vedere, la realtà, la vita, il mondo, un

concetto, un'idea in merito a qualcosa di importante, un

problema o la sua soluzione, una visione netta o approssimata,

precisa o inesatta, sbagliata, fondata o meno, addirittura distorta

- ma "mia".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chi è il "visionario"?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Un sondaggio sulla parola "visionario", sulla sua accezione

positiva o negativa, ne darebbe molto contrastanti opinioni, da

chi "si inganni" nel vedere cose che non esistono, allontanandosi

pericolosamente dalla "realtà", a chi "anticipi" il futuro, pre-

vedendolo, avendo cioè intuizioni che portino a realizzare "nuovi

punti di prospettiva" sulla "cosiddetta realtà" e conseguenti

"cambi di rotta" prima degli altri.

 

Nulla di nuovo, dato che se nella Grecia antica "visionario" è

l'artista e il poeta, chi crede quindi in cose "irreali" o

"irrealizzabili", già in epoca Romana si consolida l'altra accezione

di chi abbia piuttosto una sua personale "visione del futuro",

sappia anticiparlo, pianificarlo, accoglierlo, realizzarlo

creativamente, imprenditore e intraprenditore per eccellenza

l'imperatore, non per nulla appellato "divino", qualità e requisito

che lo alza al di sopra tutti gli altri, perché per i pragmatici Romani 

l'unico vero "realista" è il visionario!

 

 

Ma che il "visionario" sia spesso deprecato dai più è un fatto,

perché in pratica con la sua "diversa" visione delle cose va a

"disturbare" oltre i muri dei tabù alzati dalla cultura di una società,

oltre i confini del "lecito", oltre il "convenzionale", oltre la "norma,

fuori da cristallizzate "consuetudini" di pesiero e comportamento,

finendo o innalzato a genio o trattato da pazzo, solo che però ne

abbiamo disperatamente bisogno, che sono i visionari a trainarci

oltre le barriere del conosciuto, oltre i nostri stessi limiti, reali o

impostici, verso sfide a vecchi schemi, a farci fare balzi in avanti,

portandoci a credere che anche noi possiamo "volare", insomma

a farci cambiare la nostra "visione" del mondo.

 

Al pari della malattia mentale, anche la follia "creativa" disturba

inevitabilmente l'ordine costituito, va "trattata adeguatamente" e

o integrata, incasellandola negli innoqui limiti dell'"accettabile",

o relegata ai margini più estremi della società se non fuori di essa,

il malato sepolto vivo in una prigione-manicomio, il "matto del

villaggio" come l'artista eccezione intoccabile nell'area del sacro,

l'"eretico" anarca - marchiato dal potere politico-religioso di

origine demoniaca - nelle fiamme del rogo.

 

 

Ogni follia deriva infatti da una mancanza di adattamento nei

confronti della società, inconsapevole o consapevole che sia,

generando pensieri e comportamenti considerati "anormali"

secondo l'attuale metro di misura, uno standard che però cambia

arbitrariamente con lo spirito del tempo e rende quindi alquanto

difficile distinguere folle da folle - follia malattia, follia eccentricità,

follia scelta controcorrente, follia "disordine morale", follia

"devianza", follia slancio dell'immaginazione.

 

I visionari del pensiero non riescono soltanto a "guardare oltre"

lo status quo dello spirito dell'epoca, perché allontanarci da una

norma umanamente stabilita nell'ambito di contingenti fattori

socio-culturali non ci rende necessariamente "anormale", il loro 

l'assertivo non uniformarsi al modus videndi / modus vivendi del

resto della popolazione, va molto modernamente a sottolineare

l'individualità del singolo.

 

 

Esaminiamo più da vicino lo spettro dei vari significati di

"visionario":

 

 

Visionario è l'"allucinato", chi è abbagliato da un sole allucinante,

quello che soffre di allucinazioni, lo stralunato, l'esaltato, l'agitato,

lo stravolto, lo sconvolto, lo squilibrato, il paranoico, il pazzo con

una percezione distorta della realtà.

 

Visionario il "santo", con le sue visioni soprannaturali, il mistico,

il contemplativo, il santone, il fanatico religioso, che non

appartiene al presente in cui vive e anzi lo fugge, per rifugiarsi a

trovare sicurezza e conforto in immaginari mondi altri.

 

 

Visionario il fantasticatore, il sognatore ad occhi aperti, chiunque

ritenga "vere" cose immaginarie o immaginate, senza possibili 

corrispondenze nella "realtà" comunemente definita e intesa, o

coscientemente si inventi cose strane, fuori dell'ordinario, da

propinare alla morbosa curiosità e infantile ingenuità di babbei,

magari guadagnandoci sopra.

 

Visionario l'artista, l'innovatore di linguaggio, qualunque esso sia,

il folle precursore, chi in qualsivoglia geografia e storia osi

stravolgere il corrente manierismo d'espressione nel proprio

contesto sociale, a volte addirittura un autodidatta o uno

schizofrenico o un disturbato psichico o qualcuno capace di

creare sì "irrealtà" fantastiche o oniriche, del tutto irrazionali ma

proprio per questo di fortissimo impatto sul pubblico.

 

 

Visionario il filosofo, il metafisico, scienzato della realtà assoluta,

di problematiche esistenziali e oltre, spesso dagli altri deprezzato

a pensatore dalle speculazioni astruse, argomentatore di

"sottigliezze", se la vita umana sia un bene o un male, se esista o

no un dio, chi aspiri al trascendente e all'assoluto, il primo,

supremo, universale, assoluto, necessario, eterno, infinito.

 

Visionario il genio, chiunque - artista, scrittore, matematico,

musicista, pensatore, scienziato, politico - che in qualsiasi epoca

e con qualsiasi linguaggio - decida di ribaltare ordini statici,

codici e luoghi comuni, pensando e lavorando testardamente

"controcorrente", non importa quanto eccentrico o trasgressivo il

suo contesto storico-sociale lo giudichi, sognatore coraggioso,

fuori gabbia, contraddittorio, scandaloso, addirittura eretico.

 

 

Visionario è l'utopista, chi elabori disegni almeno a detta di tutti

"inattuabili", l'idealista dotato di fantasia, immaginazione,

creatività, chi sogni e fortemente desideri "un mondo migliore", il

riformista e il rivoluzionario, chi nel proprio piccolo si impegni in

prima persona per cambiarlo davvero questo mondo.

 

 

Allora, "pazzi" senza concetti o "geni" senza preconcetti?

 

Semplici "malati" fuori di mente o semplicemente "folli" fuori della

gabbia?

 

"Scapestrati" senza senso del reale o "navigatori" di realtà senza

limiti?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I visionari nella storia

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sulle esperienze personali, emozioni incluse, si può dire molto,

altrettanto sull'avere una mente libera, pronta a creare ed

accogliere il "nuovo eccitante", credendo in sé stessi, in quello

che si pensa e si fa, nel privato come sul lavoro, circondarsi di

gente fedele alle proprie idee, coraggiosa ed efficiente, pronta a

mettersi in gioco e rischiare.

 

Essere coscientemente "incoscienti" tanto da essere disposti a

saltare anche nel vuoto, da saper prendere quelle decisioni che ti

cambieranno la propria vita, lasciare dietro di sé il vecchio,

lasciarsi cambiare nelle piccole come nelle grandi cose, rimanere

in silenzio e pensare di tuo, dire tutto d'un fiato quelle parole mai

pronunciate prima, anche un semplice ma cruciale "no", iniziare

una nuova vita dicendo un "sì"...

 

 

L'illimitata potenza dell'immaginazione può fare noi adulti di

nuovo bambini, davvero capaci di volare, di rompere gli schemi

impostici, di cambiare rotta dietro una lucciola o una farfalla, di

abbandonare il comfortevole per darsi all'avventura, rifiutando

la monotonia della quotidianità per un mondo sempre diverso,

pieno di autostima, godimento, gioia e amore, ciascuno a modo

suo.

 

Chi ha una visione guarda avanti e basta, nemmeno inseguendo

necessariamente successo e denaro, perché la nostra mente sa

in pochi attimi costruire e trasformare mondi diversamente

fantastici, in cui il gioco sovverte le leggi della fisica e degli adulti,

temporanee astrazioni dalla realtà per tornarci più forti e cambiare

il mondo, "sogni ad occhi aperti" la "la testa fra le nuvole", in altre

parole quell'"esaltazione" che non ti fa più "stare con i piedi per

terra", perché immaginare è "vedere" potenzialità in tutto, prima

che si esprimano e manifestino, per il bene proprio e del prossimo

nel mantenuto rispetto di risorse comunque già disponibili.

 

 

Una visione non è qualcosa che ti confonde, impedendoti di

riconoscere la realtà, ma un modo di vedere completamente

diverso, una sorta di "meta-visione" spontanea, arricchita delle

tue esperienze e aumentata dalla creatività del tuo cervello, in cui

sempre nuove sinapsi velocizzeranno i tuoi processi mentali

incrociandosi con quelle già esistenti in inediti "collegamenti

associativi", capaci di trasformare e immagazzinare

automaticamente una iniziale complessità fino a consolidata

semplice competenza, senza più doverci ragionare su, tutt'altro

modo di approcciarsi ad un contesto che la memoria puramente

biologica.

 

Acquisire un tale approccio mentale il più aperto possibile,

significa ampliare la propria vista oltre quella fisiologica, non

"vedere" solo con i nostri occhi, ma anche con la mente e con lo

spirito, comprendere i nostri limiti ma per superarli, al di là di

rumorose frenesie del quotidiano, alzando lo sguardo dalla terra

allo sconfinato nero del cielo, incantati dalle stelle, ammirandole e

seguendole a consapevolezza altra di noi nel tutto, sempre più

ampia e profonda, vedendo una realtà e immaginandola diversa,

perderci nella sua poesia lasciandoci dietro modi di pensare,

mettendoli in forse là dove non esistono verità assolute, non tanto

o in primo luogo per trovare risposte, quanto piuttosto per porsi

domande, quelle giuste e importanti.

 

 

Se ritengo "impossibile" qualcosa, inevitabilmente soffoco il mio

pensiero creativo influendo sulla mia pre-disposizione personale

verso eventi futuri,  ma se al contrario sono convinto di farcela, il

futuro me lo costruirò io, continuando a crederci, cercando,

tentando, fallendo, impararando, impastando curiosità e dubbi,

idee e teorie,  riflettendo oltre, rompendo schemi, nutrendo la

mente di "nuovo", di estraneo al mio mondo, senza ragione né

torto, un pensiero laterale che sogna in visioni, immaginando

aspettative di futuri pre-vedendone mai previsti prima.
 

 

Ma solo chi di noi avrà sognato un mondo che davvero si

realizzerà, a posteriori verrà considerato "visionario", genio

incompreso dal suo tempo, credibile soltanto in quel mondo

realizzato che aveva pre-visto, perché, al contrario di quanto

spesso vogliono farci supporre, il presente non vuole credere a

"catastrofisti", piuttosto a chi promette mondi radicalmente nuovi

e "più umani" e la stessa previsione può modificare gli eventi,

tali individui riconosciuti "visionari" sulla base delle aspettative

stesse del gruppo cui appartengono, anche se purtroppo spesso

nema proheta in patria.

 

 

Albert Einstein, Beatles, Caravaggio, Charles Darwin,

Federico Fellini, Gandhi, Giacomo Leopardi, Italo Calvino,

Karl Marx, Leonardo Da Vinci, Ludwig Van Beethoven,

Martin Luther King, Michelangelo Buonarroti, Santa Chiara,

Sigmund Freud, Steve Jobs, Virginia Woolf, William Shakespeare,

Wolfgang Amadeus Mozart...

 

Tutti precursori, innovatori, artisti, comunicatori, tutti grandi geni,

"folli" se volete, ma che hanno fatto la Storia!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La serie televisiva

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

I più vedono le cose "come sono" e se ne chiedono "perché?",

alcuni però sognano cose "che ancora non esistono" e si dicono

"perché no?".

 

Sono le idee a creare il nostro "mondo":

cambiandolo, trasformandolo, cioè costruendolo o a volte

distruggendolo e ricostruendolo, dandocene una "visione

inedita".

 

 

"Visionari" sono le donne e uomini capaci di vedere il mondo e sé

stessi con "occhi nuovi", quelli del pensiero, lasciandosi alle

spalle ancestrali credenze, scrollandosi di dosso dottrine imposte,

penetrando ben oltre al di là delle apparenze, fin dentro la natura

stessa delle cose.

 

Con il loro pensiero originale ed inventivo segnano "fratture di

assoluta discontinuità" con tutto ciò che li precede:

le loro idee, accettate o rifiutate, cambieranno comunque il mondo

per sempre, perché con loro ci si dovrà confrontare e nulla sarà

mai più come prima.

 

 

Nella serie "Visionari", varata nel 2014 su RAI 3, prima di tre,  

Corrado Augias "intervista" e racconta controversi personaggi del

calibro appunto di Freud, Darwin, Marx, Santa Chiara, Beethoven,

Leonardo, Calvino, Luther King e molti altri, il cui pensiero tuttora

forma, impercettibilmente ma nel profondo, la nostra quotidianità.

 

Per una volta tv alta:

la psicoanalisi, il creazionismo, l'utopia comunista, tutte idee su

cui ciascuno di loro si gioca la propria reputazione e la vita

stessa, intuizioni che vanno a cambiare drasticamente le regole

base e "di comodo" del tradizionale "gioco" sociale.

 

 

E cambiare le regole del piccolo schermo lo fa lo stesso

programma:

parla di argomenti come scienza, filosofia, teoria politica, teologia,

tutti argomenti purtroppo troppo sporadicamente affrontati su

questo mezzo di comunicazione di massa, un programma che non

serva a "in-trattenere" o bloccare il pensiero, ma al contrario lo

stimoli e in maniera "scomoda".

 

Tutto questo senza supporto dei soliti culi, tette e demenze

gratuiti, ma attraverso documenti, testimonianze, esperti, servizi

giornalistici, ricostruzioni e reperti inediti, in una "intervista

impossibile" ai personaggi stessi, mettendo in evidenza le

ricadute del loro pensiero nella vita di ciascuno di noi, tutti i

giorni, a sovvertire i peggiori luoghi comuni ribadendo la

centralità del pensiero innovativo nell'evoluzione dell'umanità.

 

 

Scienziati, filosofi, intellettuali, donne e uomini di fede, che hanno

cambiato il mondo, rivoluzionando la storia delle idee!

 

Buona visione!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Prima stagione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Charles Darwin 

"Visionari" 07-04-2014

56 min 59 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Secondo lei, saremmo solo un incidente, un capriccio del caso?

Io, lei, tutti noi, poco più che scimmioni evoluti.

Lei si è macchiato di un atroce delitto…".

 

"Crede che non lo sappia?

Che non mi tormenti ogni giorno per questo?

L'ho messo nero su bianco:

scrivere che 'le specie non sono immutabili', sostenerlo

pubblicamente, è stato come confessare un delitto…".

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Ritratto fotografico di Charles Darwin del 1880 solo

recentemente colorato da un virtuoso maestro del

restauro digitale, l'artista danese "Zuzah", alias

Mads Madsen

       

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Charles Robert Darwin - "Le specie non sono immutabili"

 

 

Naturalista e geologo britannico, formula la teoria dell'evoluzione delle specie animali e

vegetali per selezione naturale dei caratteri ereditari, stabilendo la loro diversificazione

e moltiplicazione di generazione in generazione per discendenza da un comune

antenato.

 

La controversa teoria, solo tardamente pubblicata nel libro "L'origine delle specie" nel

1859, si basa sulle osservazioni e i dati dal suo viaggio "cartografico" intorno al mondo

sul brigantino "HMS Beagle", decisivi quelli raccolti durante la sosta sulle Isole

Galápagos.

 

Iscritto dal padre prima all'Università di Edimburgo, la University of Edinburgh Medical

School, dove avrebbe dovuto diventare un chirurgo, e poi al Christ's College of

Cambridge, per una futura carriera ecclesiastica come parroco di campagna, diventa

però un collezionista di coleotteri, indirizzandosi così definitivamente verso studi e

ancor più personali ricerche di storia naturale:

un laureato in Teologia dedito alla Botanica...

 

 

La rivoluzione della sua (e della nostra) vita arriva dal suo casuale ruolo di

accompagnatore del Capitano della nave "Beagle", tale Robert Fitzroy, in partenza per

una spedizione cartografica di cinque anni lungo le coste del Sud America, sviluppando

quelle incredibili capacità di osservazione ed analisi che gli permetteranno di formulare

un principio biologico rivoluzionario, basandosi esclusivamente su un approccio

davvero scientifico di interpretare i perché delle varietà delle specie viventi nei

rispettivi contesti ambientali.

 

Indaga infatti direttamente sul campo l'unicità della corrispondenza fra le caratteristiche

geologiche dei singoli luoghi e quelle di innumerevoli organismi viventi e fossili

appartenenti ai rispettivi habitat, raccogliendo metodicamente intere collezioni di

campioni fino ad allora sconosciuti alla scienza, ancora oggi conservati al British

Museum.

 

 

La prima scrittura documentale di Darwin sono gli "Appunti sulla trasformazione delle

specie" e si può affermare che la sua teoria sia di fatto già completa nel 1838, ma, ben

consapevole delle conseguenze della sua ipotesi e le reazioni del mondo scientifico,

politico e religioso dell'epoca, ne controlla e ricontrolla eventuali errori, la sperimenta

su piante e piccioni e consulta esperti selezionatori, redigendone una "prima bozza"

solo nel 1842, poi diventata "saggio" nel 1844 e via via versioni sempre più articolate,

fino a presentare finalmente la sua teoria per la prima volta alla "Linnean Society" di

Londra nel 1858.

 

La teoria evoluzionistica dimostra come l'evoluzione sia il filo rosso che unisce tutte le

apparentemente infinite diversità delle forme vita, per cui da un antenato comune la

discendenza si diversifica, variazioni che attraverso una selezione naturale portano a

loro volta all'evoluzione di nuove specie.

 

 

Tre i presupposti fondamentali della teoria evoluzionistica:

 

- la riproduzione, cioè tutti gli organismi viventi tendono a riprodursi fino ad eccedere il

numero di individui di ciascuna specie compatibile con le risorse, soprattutto

alimentari, dell'ambiente

 

- la variazione, vale a dire che tutti gli individui di una stessa specie mostrano ricca

variabilità di caratteristiche, ad esempio più forti e più deboli, più veloci e più lenti, più

scuri e più chiari e così via

 

- la selezione, risultato di una continua lotta per la sopravvivenza nella stessa specie e

tra specie diverse, cui sopravvivono gli individui più adatti a sfruttare le risorse

dell'ambiente e a riprodursi.

 

 

Questa perenne evoluzione di nuove specie avviene attraverso il lento e progressivo

accumulo di piccoli cambiamenti casuali, positivi e favorevoli alla sopravvivenza

dell'individuo, con un sempre migliore adattamento all'ambiente.

 

La teoria dell'evoluzione di Charles Darwin troverà conferma già nel XIX secolo nelle

leggi sull'ereditarietà dei caratteri codificate da Gregor Mendel e poi nel XX secolo con

la altrettanto epocale scoperta di James Watson e Francis Crick del DNA o acido

desossiribonucleico ovvero deossiribonucleico.

 

 

Importantissime anche le successive opere, come "La variazione degli animali e delle

piante allo stato domestico", "L'origine dell'uomo e la selezione sessuale" e

"L'espressione delle emozioni negli animali e nell'uomo", dal cui studio del

comportamento animale in una prospettiva evoluzionistica sarebbe a distanza di un

secolo sfociato nell'"Etologia".

 

Pur oggetto di continue e profonde modifiche la teoria dell'evoluzione per selezione

naturale, anche popolarmente detta "darwinismo", rimane base e presupposto

scientifico per qualsivoglia moderno studio scientifico della vita e della sua evoluzione,

per cui è lecito asserire che oggi possiamo osservare il mondo con occhi nuovi anche

proprio grazie a Darwin, infatti:

 

- esclude ogni fenomenologia e causalità soprannaturali, limitandosi a strumenti di

indagine rigorosamente umani, scientifici e, quindi, materialistici

 

- va a cozzare frontalmente con il pensiero metafisico della tradizione cristiana,

rinnovato da Newton nella sua idea "nuova" di creazione continua

 

- mette a nudo tutte le lacune nel pensiero dei cosiddetti "fissisti", per cui il mondo

biologico, in quanto creato da un "dio", rimane così per dire "bloccato" nella sua

definitiva immodificabilità

 

- spazza via anche tutte le argomentazioni "finalistiche", secondo le quali tutto quanto

presente in natura abbia delle "finalità predeterminate"

 

- viene altrettanto messo in discussione il cosiddetto "determinismo", il cui concetto

centrale è quello di, noti elementi e processi del mondo attuale, poter prevedere

l'intero futuro.

 

 

In altre parole, il libero e rivoluzionario pensiero di Charles Darwin ci rende finalmente

liberi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Santa Chiara

"Visionari" 14-04-2014

53 min 50 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Di "Chiara di Assisi" o "Santa Chiara", al secolo Chiara Scifi,

una grande narratrice italiana scrive:

"Se non ci fosse stata Chiara d'Assisi oggi saremmo più volgari e

più soli. Senza Santa Chiara non ci sarebbe l'altra Italia, quella

della passione gentile e della povertà scelta come libertà di cuore".

 

La vita, le idee, le "visioni" di una creatura che ha saputo dare vita

a un linguaggio rivoluzionario e superare le regole del suo tempo

per seguirne una sola:

la sua.

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

"Santa Chiara d'Assisi", Antonio e Bartolomeo

Vivarini, 1451, tempera e oro su tavola 40x68 cm,

esposto al Kunsthistorisches Museum di Vienna,

Austria.

 

Da notare il tessuto del mantello, chiamato

"rigatino" (perché fatto con resti di lane dai colori

misti), la stoffa dei più poveri dell'epoca, simbolo

della sua "altissima povertà".

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Chiara - "L'unica vera ricchezza è l'assoluta povertà"

 

 

Chiara nasce ad Assisi intorno al 1193 e vi muore nel 1253 poco più che cinquantenne,

dopo una vita da religiosa "ribelle" alle dominanti regole della società del suo tempo,

metà della quale da paralizzata ed allettata, dopo aver contribuito, innamoratasene ad

appena 12 anni, quale intima collaboratrice alla grande, umile, epocale rivoluzione

socio-politico-religiosa di quel pazzo straccione concittadino chiamato Francesco,

entrambi prima combattuti dallo strapotere della Chiesa di Roma prima di essere

proclamati santi "per forza" (lei a soli due anni dalla morte da Papa Alessandro IV), e

dopo, al pari del suo compagno di viaggio, aver fondato un'ordine, le Monache Clarisse,

finendo oggi "Patrona della televisione e delle telecomunicazioni".

 

 

Nata ricca e di alta classe sociale da Favarone di Offreduccio ed Ortolana, con ancor più

ammirevole forza d'animo data l'età in cui vive fa delle scelte totalmente radicali,

rifiutando un molto conveniente matrimonio combinato per dedicare la propria vita al

suo dio.

 

A soli 18 anni, nel 1211 o 1212, una notte di Domenica delle Palme fugge dalla casa

paterna per raggiungere il suo Francesco e i primi Frati Minori alla Chiesetta di Santa

Maria degli Angeli, detta la Porziuncola, del Monastero di San Benedetto al Monte

Subasio.

 

 

Tagliatile i capelli e vestitala di una semplice tunica, Francesco la fa entrare prima nel

Monastero Benedettino di San Paolo delle Badesse, a Bastia Umbra, 4 chilometri da

Assisi, e poi in quello di Sant'Angelo di Panzo, appunto sul Monte Subasio, soprattutto

per difenderla dall'ira punitrice della famiglia di origine, lì presto raggiunta anche dalla

sorella Agnese.

 

Infine Chiara si stabilirà negli annessi alla Chiesa di San Damiano, nel frattempo

faticosamente restaurata da Francesco, dove verrà inoltre raggiunta dall'altra sorella

Beatrice e addirittura dalla propria madre a costituire una prima comunità di una

cinquantina di donne, da giovanissime a non più giovani.

 

 

A San Damiano Chiara vivrà quarantadue anni, ben ventinove dei quali affetta appunto

da malattia, a tal punto affascinata dalla vita e dalla predicazione di Francesco, da dar

vita ad una sua famiglia di claustrali povere, del tutto immerse nella preghiera, per sé e

per tutti gli altri, dapprima chiamate dalla popolazione "Damianite" e da Francesco

"Povere Dame", poi e ancora ai nostri giorni semplicemente "Clarisse", tra cui nel

tempo Santa Caterina da Bologna, Camilla da Varano, ovvero la Beata Battista, Santa

Eustochia da Messina e Sant'Agnese di Boemia.

 

Dallo stesso Francesco ottiene una prima "Regola", secondo un modello di vita

contemplativa e in preghiera che solo in parte ricalca quello benedettino, ma con una

decisamente più ferma e coraggiosa difesa della povertà, anzi proprio fondata su quello

che lei definisce il "Privilegio della povertà"!

 

 

Da questa sequela Cristi della sua esperienza mistica Chiara rifiuta di essere dispensata

addirittura dal Papa che glielo propone, come rifiuterà la nuova Regola in cui si attenua

l'assoluta povertà, ad opera del Cardinale Ugolino, Vescovo di Ostia e protettore dei

Frati Minori, poi Papa Gregorio IX.

 

La "concessione papale" del Privilegio della povertà le verrà confermato anche da

Papa Innocenzo IV con solenne bolla del 1253 pochi giorni prima della sua morte.

 

 

Centrale nella sua concezione, altrettanto rivoluzionaria allora come ora, è che soltanto

abbandonando i beni materiali ci si possa sentire e realmente essere "liberi", idee

documentate di proprio pugno nei rari scritti di questa grande donna, decisa quanto

fiduciosa, come le quattro lettere ad Agnese di Boemia, figlia di Re Ottokar e anche lei

futura santa della Chiesa Cattolica, e, soprattutto, la Regola di una vita scandita da

silenzio, preghiera e continua ricerca di "altissima povertà".
 

I suoi resti sono sepolti nella basilica di Santa Chiara ad Assisi, la principale chiesa a lei

dedicata.

 

 

Lascia al mondo le sue Clarisse, oggi - come purtroppo consueto - frammenatte in

numerosi istituti religiosi femminili, eredi più o meno fedeli e quindi più o meno poveri

e più o meno contemplativi di quelle prime e pure comunità fondate da Chiara e da

Francesco ad Assisi nel 1212:

 

- le Monache Clarisse, con la rigorosa Regola di Chiara, approvata da Innocenzo IV nel

1253

 

- le Clarisse di Borgo San Pietro, derivate dalla comunità del 1228 di Filippa Mareri nel

Monastero di Borgo San Pietro

 

- le Clarisse cosiddette "Urbaniste", la cui Regola riformata è approvata da Urbano IV

nel 1263

 

- le Clarisse dette "Colettine", la cui regola è quella riformata da Santa Coletta di Corbie

nel Monastero delle Clarisse di Besançon nel 1410

 

- le Clarisse "Cappuccine", con la Regola di Maria Lorenza Longo del 1535, a sua volta

ispirata alla riforma dell'Ordine dei Frati Minori di Matteo da Bascio

 

- le Clarisse Francescane Malabaresi, del Vescovo gesuita Charles Lavigne nel 1888

 

- le Suore Clarisse Francescane Missionarie del Santissimo Sacramento, di Maria

Chiara Serafina di Gesù, Francesca Farolfi, del 1895

 

- le Povere Clarisse Missionarie dell'Immacolata Concezione, derivata dalle Monache

Concezioniste Francescane brasiliane nel 1910

 

- le Missionarie Clarisse del Santissimo Sacramento, derivate dalla comunità della

monaca clarissa sacramentaria Manuela de Jesús Arias Espinosa del 1945.

 

 

E la povertà da "altissima" e "assoluta" riacquista così sfumature in un Cristianesimo di

nuovo e sempre più fatto su misura di un dio a propria immagine e somiglianza, a

proprio uso e consumo...

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Sigmund Freud

"Visionari" 28-04-2014

55 min 47 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Senza di lui non parleremmo di inconscio, lapsus, complesso di

colpa.

 

Daremmo forse meno importanza ai sogni.

 

 

Senza di lui, non ci sarebbero stati i "surrealisti".

 

Forse James Joyce non avrebbe scritto "Ulysses", l'"Ulisse", né

Marcel Proust "À la recherche du temps perdu", "Alla ricerca del

tempo perduto", e forse non potremmo parlare "scientificamente"

di sesso.

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Sigmund Freud in un ritratto del 1926

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sigmund Freud - "L'Io non comanda neppure a casa sua"

 

 

Sigismund Schlomo o "Sigmund" Freud è un neurologo austriaco, fondatore della

cosiddetta "psicoanalisi", anche se non da tutti definita come scienza e ancor meno

accettata come metodo terapico, oggi comunque quasi universalmente riconosciuta

parte importante della psicologia.

 

La sua teoria si basa su l'asserzione che i processi psichici inconsci influiscano in

modo determinante sul pensiero, comportamento e interazione sociale dell'individuo,

cioè che la visione dell'inconscio e la rappresentazione simbolica della realtà abbiano

correlazione con le strutture fisiche e fisiologiche del corpo e in particolare del

cervello.

 

 

A differenza di altri per Freud è la nevrosi non una malattia nervosa ma un conflitto

irrisolto e l'impulso sessuale represso essenziale per i suoi processi interpretativi, dato

che alla base di tutto siamo spinti da impulsi sessuali aggressivi inconsci, propri della

nostra specie.

 

Durante i primi studi sull'ipnosi nella cura di pazienti psicolabili stabilisce alcuni dei

principi poi centrali nella psicoanalisi riguardo alla relazione medico-paziente, come la

"resistenza" e il "transfert", e le sue intuizioni portano all'analisi di libere associazioni,

lapsus, atti incontrollati o mancati, all'interpretazione di sogni e alla definizione di

concetti come "pulsione", "Complesso di Edipo", "libido", le fasi dello sviluppo

psicosessuale e le componenti sia dell'inconscio che della coscienza, come l'"Es", il

subconscio istintivo e primordiale, l'"Io", la parte cosciente e il "Super-Io", la super-

coscienza cioè o codice di comportamento dovuto alla "civilizzazione".

 

Parte delle critiche - ancora oggi - alla psicoanalisi viene da quanti si domandano se

costituisca davvero una pratica rivoluzionaria ed evolutiva o se, al contrario, non si

tratti comunque di una semplice pratica normativa e adattativa, adatta solo ad

esorcizzare naturali movimenti eversivi...

 

 

Nel 1933 Hitler conquista il potere in Germania e Freud, Ebreo laico ma pur sempre

Ebreo, vede il suo nome entrare nella lista di autori le cui opere vanno distrutte, poi,

ancor peggio, nel 1938 l'Austria è annessa al Terzo Reich e la figlia più piccola, Anna,

viene addirittura arrestata, anche se per breve tempo, dalla Gestapo.

 

Dopo aver ripetutamente pagato per essere lasciato in pace e nonostante

l'interessamento personale di Mussolini, Freud finisce per accettare l'alternativa data

agli Ebrei dai Nazisti, almeno fino alla finale decisione di sterminarli, di fare una lista di

persone vicine da salvare dalla deportazione, pagare le tasse richieste per l'operazione

ed abbandonare la Germania:

sceglierà l'esilio in Inghilterra, ma nella sua di lista non ci saranno le sorelle,

condannate così a morire nei campi di sterminio, mentre, oltre alla moglie Martha e alla

figlia Anna, stranamente le domestiche, il medico personale e la sua famiglia.

 

 

Privato della cittadinanza austriaca e seriamente malato, lascia Vienna per Londra,

anche accompagnato dalla figlia prediletta Anna, finalmente rilasciata, che rimarrà al

suo fianco durante tutto il lungo tempo della malattia - un carcinoma della bocca

operato oltre trenta volte - fino alla morte nel 1939.

 

Anche lei si distinguerà infatti come psicoanalista nella psicologia dell'infanzia e dello

sviluppo del bambino.

 

 

L'eredità di Freud resta nei due campi correlati sia della teoria della mente e del

comportamento che delle tecniche clinico-terapeutico nella risoluzione delle nevrosi:

la teoria dell'inconscio è senz'altro il suo contributo più significativo al pensiero

moderno, mettendo fine al "positivismo" fino ad allora imperante, che l'individuo cioè

possa controllare razionalmente sia la conoscenza di se stesso che del mondo esterno.

 

Anche se, a dire il vero, già prima di lui Arthur Schopenhauer, Eduard von Hartmann,

Pierre Janet, Alfred Binet e altri utilizzano i termini "in-conscio" e "sub-conscio", Freud

concretizza nei sogni "la via regia" per arrivarvi, descrivendo inoltre il "pre-conscio"

come stato intermedio.

 

 

La psicoanalisi "freudiana" subirà comunque una evoluzione, da un iniziale approccio

medico, ad uno psicologico e psichiatrico fino alla neuropsichiatria:

l'inconscio e le sue problematiche si dimostreranno come la rappresentazione teorica

di problemi fisici, anticipazione della psichiatria biologica con l'appurato ruolo dei

neurotrasmettitori nell'insorgere di patologie mentali.

 

Inoltre genetica, anatomia e neurologia renderanno anche chiaro come nel cervello

umano siano presenti zone "antiche " più istintive, l'Es freudiano (amigdala), e zone

evolutivamente "moderne" più razionali, il Super-Io (lobi frontali), quindi le speculazioni

neurologiche del rivoluzionario precursore dovranno aspettare conferma da avanzate

ricerche di neuropsichiatria fino agli anni 1980-1990!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Ludwig Van Beethoven

"Visionari" 28-04-2014

56 min 22 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Simbolo dell'arte occidentale, perfino dell'Europa Unita.

Il "genio" per eccellenza.

 

Genio romantico.

Irascibile e focoso, stravagante, misantropo, sfortunato con le

donne, disordinato e sordo.

 

 

Ludwig Van Beethoven:

ancora oggi su dieci composizioni eseguite nel mondo una è sua.

Ovunque, dalla Germania all'Australia.

 

Quali sono i segreti dell'uomo che ha messo in musica, nella Nona

Sinfonia, le parole del poeta Friedrich Schiller:

"Abbracciatevi moltitudini

questo bacio vada al mondo intero"?

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Ludwig Van Beethoven in un ritratto d'epoca

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ludwig Van Beethoven - "Passerà ancora molto tempo prima che

sia compreso dal mondo"

 

 

Compositore e pianista tedesco a cavallo del XVIII e XIX sec, geniale innovatore di

sonata e sinfonia, concerto e quartetto, combinando anche voce e strumenti,

consapevole del proprio genio, figlio del suo tempo, cioè della Rivoluzione Francese, e

fanatico ammiratore di Napoleone, musicalmente ultimo grande rappresentante del

Classicismo Viennese e allo stesso tempo precursore del Romanticismo, figura

cruciale della musica "colta" occidentale, senz'altro uno dei più grandi compositori di

tutti i tempi.

 

 

Ludwig van Beethoven lascia una ricchissima produzione da primo "libero

professionista" nel campo musicale, con una musica semplificata, essenziale,

straordinariamente espressiva e coinvolgente, volta a nuovi e più ampi pubblici

borghesi, e, nonostante i suoi crescenti problemi di udito già da neppure trentenne,

comporrà, condurrà e suonerà anche una volta del tutto sordo.

 

Il suo rivoluzionario linguaggio musicale resterà modello per molti compositori a

venire, mito eroico dell'artista, le sue composizioni spaziano dalle opere per piano alla

musica da camera, a quella innovativa sinfonica con le prime grandi orchestre, anche di

centinaia di elementi.

 

 

Di umili origini, il nonno paterno, da cui il nome Ludwig, discendente da una famiglia

fiamminga di contadini ed umili lavoratori del Brabante, terre fra Olanda e Belgio, più

specificamente il Betuwe o Batavia, da cui il cognome, musicista anche lui nella prima

metà del Settecento, si trasferisce a Bonn, poi Kapellmeister o Maestro di Corte, e così

il padre Johann, musicista e tenore, autoritario, alcolizzato, brutale, estremamente duro

con i suoi bambini, mentre la madre, Maria Magdalena nata Keverich, figlia di un cuoco

di Trier o Treviri, con radici nella Mosella, persona al contrario dolce, con tendenza alla

depressione.

 

Battezzato Ludovicus, il bambino Ludwig, poi ragazzo stravagante e scontroso ma già

dall'inizio con una evidente predisposizione musicale, viene sfruttato a scopo di lucro

dal padre, ricalcando la storia del Mozart enfant prodige, senza mai ottenerne gli esiti

sperati, diventa quindi allievo di maestri non all'altezza ed infine lui stesso maestro di

piano della Famiglia von Breuning, cui rimarrà legato tutta la vita: trattato come uno di

famiglia in un ambiente per la prima volta intellettuale ed educato, acculturato ma al

tempo stesso cordiale, in uno stimolante clima di discussioni di arte e di letteratura,

trova qui le condizioni per crescere infine al pieno delle sue potenzialità.

 

 

Il giovane Ludwig conoscerà poi il mecenatismo del Conte Ferdinand von Waldstein,

insieme al padre diventerà secondo organista di corte, incontrerà, anche se

fugacemente a Vienna, il grande Wolfgang Amadeus Mozart, e sarà invitato da Franz

Joseph Haydne a proseguire gli studi sempre a Vienna, sotto la sua personale

direzione.

 

Nel 1792 lascia così definitivamente Bonn e la famiglia in condizioni economiche

sempre più precarie, la madre morta di tubercolosi, morta di lì a poco anche la sorellina

di appena un anno, il padre gravemente alcolizzato e in pensione (Ludwig, di fatto capo

famiglia, per mantenere i fratelli Kaspar e Nikolaus si è visto costrettoa a lavorare come

violista nelle orchestre del teatro e della cappella della città), portando con sé quale

viatico una lettera del Conte Waldstein, il quale gli profetizzava un passaggio di

testimone dell'eredità musicale di Mozart attraverso Haydn, un processo che durerà

due anni, non senza attriti ma sempre contraddistinto da reciproca stima professionale.

 

 

Alla fine del XVIII secolo Vienna è la capitale della musica occidentale e Beethoven vi

giunge appena ventiduenne, un anno dalla morte di Mozart, diventanto presto

conosciuto ed apprezzato dall'aristocrazia viennese, più come pianista virtuoso che

compositore:

il suo primo concerto pubblico nel 1795, seguito da un vero tour a Dresda, Lipsia,

Norimberga, Praga e Berlino, sempre più amato dal pubblico per il suo stile innovativo

e le sue popolari improvvisazioni e sempre meno dai critici più conservatori, seguaci di

Mozart.

 

Inizia da qui la sua crescita culturale - i Classici Greci, Shakespeare, Goethe e Schiller, i

fondatori dello Sturm und Drang, quindi il Romanticismo, ad aggiungersi agli ideali

democratici dell'Illuminismo e della Rivoluzione Francese - fino alla piena maturazione

artistica con una attività creatrice sempre più intensa che lo porta ai primi veri

capolavori, quali il Concerto per pianoforte e orchestra n. 1, i primi sei Quartetti d'archi,

il Settimino per archi e fiati, la Sonata per pianoforte n. 8, la "Patetica", la Prima

Sinfonia, che gli aprono definitivamente le porte del successo anche fuori dell'Austria.

 

 

Nel 1796 la scoperta della incipiente sordità, che diventerà totale prima del 1820, lo

getta dapprima in totale disperazione spingendolo addirittura fino al suicidio, un stato di

prostrazione da cui risorge solo grazie alla grande volontà di continuare a sviluppare la

sua musica, rassegnato ed isolato dal mondo per non far scoprire la sua tragedia, a

torto, quindi, da quel mondo reputato un misantropo fino alla sua morte.

 

Nonostante tutto, o forse proprio per questo, inizia da ora il periodo creativamente più

fertile:

la Sonata per violino n. 5 o "La Primavera", la Sonata per pianoforte n. 14 o "Al Chiaro di

Luna", la Seconda Sinfonia, il Concerto per pianoforte n. 3, e poi la Sinfonia n. 3 o

"Eroica", la Sonata per pianoforte n. 21 op. 53, la Sonata per pianoforte n. 23 o

"Appassionata", il Triplo Concerto per pianoforte, violino, violoncello e orchestra,

mentre di minore fortuna il genere operistico con "Fidelio", già "Léonore".

 

 

Nel 1806 il Concerto per pianoforte n. 4, i tre Quartetti per archi n. 7, n. 8 e n. 9, la Quarta

Sinfonia e il Concerto per violino, quindi, ormai affermato artista indipendente da

patronati aristocratici, la Quinta Sinfonia, contemporaneamente la Sinfonia pastorale,

anticipatrice del romanticismo musicale.

 

Dopo lo storico concerto del 1808 Beethoven entra definitivamente nel pantheon dei

musicisti.

 

 

Seguiranno numerosi capolavori, come il Concerto per pianoforte n. 5, il Quartetto

d'archi n. 10 o "delle Arpe", la Sonata per pianoforte n. 26 o "Les adieux", fino

all'apogeo della creatività, con il Trio per pianoforte n. 7 o "All'Arciduca" e la Settima

Sinfonia, dopodiché anni oscuri fino alla sordità totale, in cui produce solo le due

Sonate per violoncello n. 4 e 5 e la Sonata per pianoforte n. 28.

 

L'ultimo Beethoven lascia la Missa Solemnis in re maggiore, la famosa Nona Sinfonia,

più opere estremamente moderne, all'epoca addirittura giudicate ineseguibili e

interpretate come frutto della sua sordità, la Sonata per piano n. 29 op. 106 o

"Hammerklavier", le Sonate per pianoforte opere n. 30, 31 e 32, i Quartetti per archi n.

12, 13, 14, 15 e 16...

 

 

Mentre ancora pianifica numerose opere, tra cui una "decima sinfonia", e compone la

sua in assoluto ultima opera, un Allegro, è colpito da polmonite doppia con quattro

lunghi mesi di irrimediabile deperimento fisico e si spegne all'età di appena 56 anni.

 

Dopo una vita tormentata, economicamente alterna e sentimentalmente insoddisfatta,

la sua eredità artistica è oggi e per sempre patrimonio dell'umanità intera - Franz

Schubert, che lo incontra solo poco prima della fine, alla sua morte ne scrive:

"Egli sa tutto, ma non possiamo ancora capire tutto e passerà ancora molta acqua sotto i

ponti del Danubio prima che tutto ciò che quell'uomo ha creato sia compreso dal

mondo."

 

 

Il 17 ottobre 2000, a quasi 200 anni dalla sua morte, nell'ambito del Beethoven Research

Project, i suoi resti vengono riesumati ed analizzati giungendo alla conclusione che

Ludwig Van Beethoven sia vittima di una gravissima intossicazione da piombo durata

una vita, con i conseguenti continui dolori addominali, i noti improvvisi sbalzi d'umore

e, probabilmente, anche la progressiva sordità:

lui, grande degustatore del vino del suo Reno, lo ha sempre bevuto da una coppa di

cristallo di piombo aggiungendovi inoltre del sale piomboso per addolcirlo.

 

Infine, della Nona Sinfonia, in quattro movimenti senza più forma di sonata, quel coro e

quartetto vocale che cantano l'"Inno alla gioia" dall'ode An die Freude di Friedrich

Schiller aggiunti all'ultimo movimento, un richiamo all'amore e alla fratellanza fra tutti

gli uomini, patrimonio mondiale dell'UNESCO, costituisce l'Inno ufficiale dell'Unione

Europea.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Karl Marx

"Visionari" 05-05-2014

57 min 23 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Filosofo, economista, sociologo, rivoluzionario?

 

Marx è stato tutte queste cose assieme e ha attraversato i territori

del sapere mentre percorreva quelli geografici dell'Europa

dell'Ottocento: oggi 5 maggio 2014 compirebbe 196 anni.

 

 

Ma quanti Marx esistono?

Tanti... o almeno due.

Perché c'è quello che sopravvive e attraversa i secoli e l'altro

cancellato dalla storia.

 

Dopo aver popolato l'immaginario collettivo del Novecento, Marx è

infatti stato riposto nell'armadio, ma la crisi che sta facendo

tremare il capitalismo mondiale lo ha riportato al centro della

discussione - quali sono i nuovi pericoli del capitalismo

finanziario?

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Karl Heinrich Marx nella famosa fotografia del 1875,

otto anni prima della sua morte a soli 65 anni

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Karl Marx - "Il denaro è il potere alienato dell'umanità"

 

 

Moses Kiessel Marx Mordechai Levi, solo più tardi Karl Heinrich Marx, nasce nel 1818 a

Trier o Treviri, oggi Germania, ma all'epoca prima occupata dai Francesi nel 1794,

quindi, già legata culturalmente, economicamente e commercialmente con la Francia,

per oltre un ventennio direttamente coinvolta nell'evolversi della sua Rivoluzione,

compresa l'ascesa e la caduta di Napoleone, e solo nel 1815 annessa alla conservatrice

Prussia.

 

 

Teorico della concezione materialistica della storia e, insieme a Friedrich Engels, suo

benefattore, del cosiddetto "Socialismo Scientifico", critica economia, politica, società

e cultura capitalistiche, dando così vita ad una nuova corrente socio-politica appunto

chiamata "marxismo".

 

Oltre che economista, storico, sociologo e giornalista, di sicuro uno dei filosofi più

influenti sulla storia del Novecento, ispiratore diretto delle ideologie socialiste e, in

seguito, anche di quelle comuniste, morirà a Londra, Regno Unito, nel 1883.

 

 

Ebreo di famiglia doppiamente rabbinica, entrambi rabbini il nonno e il padre, questi

avvocato colto, educato nel razionalismo illuminista di Voltaire e Rousseau, fuori quindi

degli schemi culturali ebraici tradizionali tanto da convertirsi al Cristianesimo e

diventare membro nella Chiesa Luterana, la madre, anche lei di agiata famiglia

rabbinica, ma intellettualmente semplice e borghese nelle aspirazioni, zia degli

industriali futuri fondatori della multinazionale Philips...

 

A dire il vero la conversione è di convenienza per evitare le discriminazioni prussiane e

poter esercitare l'avvocatura.

 

 

Già come liceale disserta su "perfezione individuale" e "perfezionamento e bene

dell'umanità" non come contrapposti ma funzione l'una degli altri e, nonostante si

iscriva alla Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Bonn e poi di Berlino per

compiacere il padre, saranno gli studi filosofici e letterari ad attrarlo:

lette tutte le opere di Hegel, abbandonerà gli studi di diritto per dedicarsi a quelli

filosofici, giovane fautore della cosiddetta "Sinistra Hegeliana", progressista e

dialettica, per cui tutta la realtà, sociale e politica inclusa, è in continuo divenire.

 

L'impossibile attacco all'assolutismo monarchico sfocia dapprima in una rivolta contro

la religione ufficiale, fino a raggiungere posizioni giacobine - la conclusione degli studi

universitari coincide con la peggiore repressione governativa sulla vita politica e

culturale, quindi anche sulle attività accademica:

scompare così la carriera universitaria e Marx sceglie un diretto impegno politico come

giornalista, debuttando nel 1842 a Köln o Colonia con i "Dibattiti sulla libertà di stampa e

sulla pubblicazione dei dibattiti alla Dieta" nel Rheinische Zeitung, cioè la Gazzetta

Renana di Moses Hess, il "rabbino rosso", socialista, poi amico e collaboratore di Karl

Marx e Friedrich Engels.

 

 

Oggetto la stampa prussiana di crescente censura, con la sposina Jenny von

Westphalen partono per Parigi  per dar vita a una nuova rivista, "Deutsch-Franzősische

Jahrbücher" o Annali franco-tedeschi, progetto condiviso tra gli altri con Moses Hess e

Friedrich Engels, ricco imprenditore tedesco da ora in poi amico per eccellenza di una

vita e finanziatore.

 

Per Marx l'emancipazione "religiosa" e "politica" non basta ma bisogna raggiungere

quella "umana", per cui anche i cosiddetti "diritti dell'uomo", frutto delle Rivoluzioni

Americana e Francese, rimarranno una pura mistificazione fintanto che la società

borghese imporrà la netta separazione tra "pubblico" e "privato":

in una tale società infatti la persona può essere "uguale agli altri solo sulla carta", cioè

astrattamente in ambito giuridico e politico, mentre nella vita reale, cioè quella

economica e sociale, tutti gli uomini sono di fatto diseguali.

 

 

In altre parole la persona umana - sia in senso astratto che reale - deve ridiventare una

nella sua interezza, nella sua vita empirica, nella specie umana, là dove tutti gli uomini

sono uguali in quanto tali:

solo questa è la vera emancipazione umana in un'"unità di società e di individuo".

 

Riguardo ciò che ancora impedisce l'emancipazione umana, della religione scrive nella

sua "Critica della filosofìa hegeliana del diritto pubblico":

"[...] è il gemito di una creatura oppressa, l'animo di un mondo senza cuore, così come è

lo spirito di una condizione di vita priva di spiritualità.

È l'oppio dei popoli."

 

 

La religione è in altre parole al tempo stesso espressione e critica della miseria reale

in cui l'uomo si trova costretto a vivere, la denuncia più eclatante dell'insopportabilità

della vita reale.

 

La funzione della religione è infatti confondere ed alienare i sensi umani nel duro

rapporto con la realtà, un inganno subdolamente fornito da una società ingiusta ed un

auto-inganno perpetrato a se stesso dall'individuo che arriva a considerare così la

propria misera condizione sulla terra come un ineluttabile dato di fatto, senza neppure

cercare di capirne le vere cause, meritata ed accettata punizione di un mitico "peccato

originale", andando a trovarne giustificazione e consolazione nei cieli.

 

 

L'emancipazione politica della borghesia liberale non basta, ma deve seguire

l'emancipazione umana, solamente raggiungibile attraverso la creazione di una "classe

sociale universale" priva di interessi particolari, il cui soggetto sarà il "proletariato", la

parte della società in cui l'essenza stessa dell'uomo è andata del tutto perduta e di cui

occorre riappropriarsi.

 

Il proletariato deve per questo essere reso cosciente di quanto è stato impoverito e,

quindi, del suo carattere e scopo rivoluzionario.

 

 

Nei suoi manoscritti economico-filosofici del 1844 Marx mostra come l'accumulo

capitalistico generi crisi economiche le quali a loro volta vanno ad acutizzare conflitti

sociali.

 

In economia politica focalizza l'alienazione nel rapporto operaio-lavoro-produzione della

società industriale moderna:

"L'operaio diventa tanto più povero quanto più è la ricchezza che produce [...] diventa

una merce tanto più vile quanto più grande la quantità di merce prodotta [...] viene a

trovarsi rispetto all'oggetto del suo lavoro come a un oggetto estraneo [...] esso esiste

fuori di lui, indipendente da lui, a lui estraneo, e diviene di fronte a lui una potenza per sé

stante;

significa che la vita che egli ha dato all'oggetto gli si contrappone ostile ed estranea".

 

 

L'operaio perde così ciò che caratterizza l'essenza stessa dell'uomo, il lavoro, attività

che lo differenzia dall'animale e rende possibile un rapporto unico con quella natura di

cui addirittura si appropria.

 

Il risultato dell'attività produttiva del lavoratore infatti non appartiene all'operaio ma al

capitalista, non più soddisfacimento di un bisogno della propria vita reale, ma solo

mezzo per soddisfare bisogni estranei al lavoro stesso, un accumulo di ricchezza altrui.

 

 

Nelle fabbriche con il lavoro come attività tipicamente umana va persa anche la

dimensione di "comunità", si aliena la sua essenza sociale, riducendo quindi l'operaio

alle sue "funzioni animali" di pura sopravvivenza, cioè mangiare, bere e procreare.

 

È la proprietà privata a distruggere l'unità organica dell'umanità, che si realizza proprio

nelle attività comuni e nei rapporti sociali, in reciproca, intima dipendenza grazie

proprio alla corporeità e al tempo stesso la sensibilità dell'uomo.

 

 

Ora se è la proprietà privata e il denaro ad alienare la vita sociale, sopprimerli e

sostituirli con la condivisione dei beni, o cosiddetto "comunismo", permette il recupero

di tutte le facoltà umane e la liberazione dell'essenza umana, un comunismo che Marx

distinguerà fra primitivo o "utopista" e scientifico.

 

Marx ed Engels hanno una concezione materialistica della storia, in cui l'unica realtà è

quella concreta e positiva, empirica e verificabile, senza altri presupposti se non quelli

"reali, dai quali si può astrarre solo nell'immaginazione [...] individui reali, la loro azione e

le loro condizioni materiali di vita, tanto quelle che essi hanno trovato già esistenti,

quanto quelle prodotte dalla loro stessa azione".

 

 

Gli esseri umani non vivono in "sopramondi", ma in comunità reali in contatto con la

natura, quindi la loro organizzazione sociale deriva dai loro rapporti interni e con la

natura, cioè in quale modo se ne appropriano e la trasformano, ben lontano dalla

concezione borghese capitalistica estraniante di una comunità "nazionale" e "statale".

 

La vera comunità è dunque quella fondata sulla comune essenza umana, in cui

l'individuo è libero da vincoli e limitazioni ed in cui i rapporti tra gli uomini e con la

natura non sono separabili:

la produzione umana è determinata dallo sviluppo delle forze produttive, le conoscenze

scientifiche e le tecnologie derivatene, risultato delle relazioni tra gli uomini e la loro

organizzazione sociale - la produzione è quindi la base reale della storia umana.

 

 

La crescita demografica e la soddisfazione dei bisogni primari su grande scala

generano a loro volta nuovi bisogni, che richiedono una frammentazione e

specializzazione del lavoro umano, un fenomeno dinamico da cui la divisione città -

campagne, industria e commercio - agricoltura, e, con diversa divisione del lavoro

anche mutate forme di "proprietà":

 

- proprietà tribale, basata su raccolta di prodotti spontanei della terra, caccia e pesca,

poi pastorizia ed infine  agricoltura con una minima divisione del lavoro fino a che non

appare la schiavitù a seguito di guerre fra tribù;

 

- proprietà comunitaria antica, nel cosiddetto "Stato", con differenziazione del lavoro

come antagonismo fra città e campagne, in cui gli schiavi sono forza produttiva usata

dai padroni per creare proprietà mobiliari, immobiliari e commercio;

 

- proprietà feudale, dominante l'agricoltura in una società gerarchica con la prima

creazione di capitale;

 

- proprietà capitalistica moderna, dominante il capitale, con lavoro salariato, proprietà

mobiliare e immobiliare, industria, commercio e "finanza", cioè fare soldi con i soldi.

 

 

In questa evoluzione la storia "umana" non è più la storia "degli uomini" e

"dell'umanità", ma si riduce alla storia "dello sviluppo delle forme di produzione e

dell'organizzazione sociale":

la vera "struttura" della società diventano i modi di produrre e l'organizzazione

economica e sociale che ne derivano, mentre l'altra parte della vita sociale, cioè la

produzione delle idee e della cultura, ne sono una "sovrastruttura", per cui non è più 

coscienza a determinare la realtà ma la realtà a determinare la coscienza.

 

Quindi d'ora in poi sarà la realtà strutturale che condiziona inevitabilmente religione,

filosofia, politica e diritto, con la finale divisione del lavoro in "manuale" ed

"intellettuale" che contribuisce a sviluppare una fittizia autonomia della sovrastruttura,

cioè quell'"ideologia", non più, come per Ideologi e Illuministi, studio delle sensazioni e

dell'origine delle idee, produzioni culturali religiose e filosofiche "di classe" e ad hoc

per giustificare la situazione esistente.

 

Le idee dominanti in fondo non fanno che rispecchiare i rapporti materiali dominanti, da

cui per capire i processi storici, più che idee e cultura, bisogna studiare come si

produca la vita materiale da cui idee e cultura derivano:

è questa nuova concezione materialistica della storia, questa storia vista con occhi

nuovi, che renderà il "socialismo" da utopistico a scientifico, strumento di pace per un

mondo migliore.

 

 

Da qui nel 1847 la fondazione di Bund der Kommunisten, la "Lega dei Comunisti",

Manifest der Kommunistischen Partei, il "Manifesto del Partito Comunista", del 1848 e

Das Kapital, "Il Capitale", del 1867 - il resto è storia!

 

Dal Socialismo si svilupperanno Anarchismo, Comunismo e Socialdemocrazia, tutte

teorie ufficialmente condannate dalla Chiesa Cattolica al pari di quelle liberali e

illuministiche, prima nel 1864 con il "Sillabo" di Pio IX o Syllabus complectens

praecipuos nostrae aetatis errores ovvero, con consueta "tolleranza", "Elenco

contenente i principali errori del nostro tempo", (condannato insieme a Liberalismo,

eresie, Ateismo, Socialismo, Comunismo e Indifferentismo addirittura anche il

matrimonio civile!) e poi nel 1891 con l'Enciclica "Rerum Novarum" o "L'ardente brama

di novità" di Leone XIII (ripetuta condanna del Socialismo e condanna di lotta di classe

e Massoneria, andando a contrapporgli una cosiddetta "dottrina sociale" (?) in cui tutto

verrebbe "risolto" - al solito - tra Chiesa e Stato), tra l'altro con critiche al Socialismo

non certo originali, dato che risalgono già alla prima pubblicazione de "Il Capitale"...

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Martin Luther King

"Visionari" 12-05-2014

58 min 15 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"I have a dream", una frase-prototipo per un "visionario".

 

A Washington D.C., Stati Uniti d'America, nel suo discorso del 28

agosto 1963 il Reverendo battista Martin Luther King Junior la

pronunciò ben 7 volte - non a caso numero biblico per eccellenza!

 

 

7 sogni, 7 visioni di riconciliazione e fratellanza raccontate a un

Paese profondamente diviso, incapace di cancellare per sempre le

barriere innalzate per secoli dalle legislazioni sulla schiavitù e

dalle successive legislazioni segregazioniste.

 

Quanto di quel sogno si è realizzato?

A che punto stanno le campagne per rivendicare diritti civili e

sociali pari per tutti?

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Martin Luther King, Premio Nobel Nobel per la Pace

nel 1964

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Martin Luther King - "I have a dream!"

 

 

"I have a dream:

that one day this nation will rise up and live out the true meaning of its creed:

'We hold these truths to be self-evident, that all men are created equal'."

 

"Ho un sogno: che un giorno questa nazione si sollevi e viva pienamente il vero

significato del suo credo:

'Riteniamo queste verità di per se evidenti: che tutti gli uomini sono creati uguali'."

 

Dallo storico discorso del 28 agosto 1963 al Lincoln Memorial di Washington alla fine

della lunga "Marcia per il Lavoro e la Libertà".

 

 

Nasce "Michael King" e opera come Pastore protestante prima di diventare politico ed

attivista, uno dei maggiori leader e icona della lotta per i diritti civili.

 

Appassionato studioso di Mahatma Gandhi, il grande profeta indiano della non violenza,

ne applica i principi nella sua attività di pacifista, una vera crociata per la giustizia che

gli costa la vita.

 

Apostolo della resistenza non violenta viene anche chiamato il "Redentore dalla faccia

nera", predicando "ottimismo e amore" in alternativa sia alla rassegnazione che alla

violenza in una America Anni Cinquanta e Sessanta dove ancora domina il più profondo

pregiudizio etnico contro le persone di colore.

 

 

Alla base della sua scelta religiosa l'esempio del padre, Martin Luther King Senior,

anche lui Pastore Battista, e la lettura dei grandi pensatori religiosi.

 

Nel 1954, a soli venticinque anni, accetta l'offerta di lavorare come pastore della chiesa

battista di Montgomery, nel profondo Sud, in Alabama, una delle città con la più dura e

fanatica situazione razziale di tutti gli Stati Uniti, fatta di totale segregazione e

negazione dei più elementari diritti civili alla comunità afroamericana.

 

 

Decisivo per la sua lotta antirazziale l'ormai storico cosiddetto "caso di Rosa Parks".

 

Il primo incidente avviene su un autobus cittadino già pieno su cui salgono alcuni

ragazzi bianchi e l'autista pretende che quattro donne nere si alzino per lasciargli il

posto, al che due ubbidirono ma altre due si rifiutano, arriva la polizia e una di loro,

Claudette Colvin, studentessa quindicenne rivendica il suo diritto a mantenere il posto

in quanto salita prima dei nuovi arrivati, ma, fatta scendere viene arrestata.

 

Alcun i mesi dopo è la volta di Rosa Parks che ugualmente rifiuta di lasciare il posto

(uno di mezzo "a disposizione di tutti") ad un bianco, viene anche lei arrestata e questa

volta inoltre esplicitamente accusata di violazione delle vigenti eggi di segregazione.

 

 

La donna appartiene alla NAACP - National Association for the Advancement of Colored

People, l'"Associazione Nazionale per l'Emancipazione della Gente di Colore", della

quale fa parte anche Martin Luther King, poi Vicepresidente del Consiglio dell'Alabama

per i Rapporti Umani.

 

La prima reazione della comunità nera di Montgomery è violenta e la polizia reagìsce

sparando, ma più di quaranta leader della comunità afroamericana decidono

all'unanimità di passare ad una forma di protesta non violenta, semplicemenete

boicottando i mezzi pubblici il giorno in cui la Parks viene condannata ad una simbolica

multa di 10 dollari più le spese processuali.

 

 

Poi si forma la MIA - Montgomery Improvement Association, l'"Associazione per il

Miglioramento di Montgomery", di cui Martin Luther King diventa Presidente:

il boicottaggio dei mezzi pubblici crescerà a dismisura e durerà quasi un intero anno,

esattamente 382 giorni, sempre più persone di colore si spostano a piedi o con taxi di

afroamericani alle tariffe degli autobus ovvero con passaggi di oltre 300 volontari con

auto private.

 

King viene infine chiamato a trattative in municipio ma senza esito e il Sindaco

annuncia in televisione di voler combattere il boicottaggio:

il reverendo viene arrestato e rilasciato, ma ora è la comunità bianca istigata dal

Ku Klux Klan a sfociare nella violenza.

 

 

Intanto la protesta di Montgomery riscuote consensi anche fuori dall'Alabama e degli

Stati Uniti, anche se ora la battaglia si combatte nei tribunali, fino a che nel 1956 non

sarà la Corte Suprema degli Stati Uniti a dichiarare all'unanimità l'incostituzionalità della

segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici, decisione accolta con entusiasmo

dalla comunità nera, ma con ancor più rabbia dagli estremisti bianchi.

 

Nel 1957 a New Orleans viene eletto a capo del SCLC - Southern Christian Leadership

Conference, che guiderà fino al suo assassinio nel 1968 e il suo volto è sulla copertina

del Time, intanto si dibatte del diritto al voto degli afroamericani: incontrò il Presidente

Dwight D. Eisenhower nel 1958, il Presidente John F. Kennedy (eletto con il settanta

percento dei voti della comunità nera!) nel 1960 e il Presidente Lyndon B. Johnson nel

1965.

 

 

Anche con il sostegno della Casa Bianca si conducono campagne contro la

discriminazione e segregazione razziale oltre che in Alabama anche in altri Stati del

Sud, soprattutto in Mississippi e Georgia durante le quali Martin Luther King viene

ripetutamente arrestato.

 

Tali campagne contribuiranno ad una lotta non-violenta ancora meglio organizzata che

porterà a sua volta ad un movimento nazionale per i diritti civili degli afroamericani, per

eliminare le politiche sociali, civili ed economiche segregazioniste dall'intero Paese al

motto di Sant'Agostino "Una legge ingiusta non è legge" e secondo la disubbidienza

civile di Tommaso d'Aquino.

 

 

King e i leader delle sei più importanti organizzazioni per i diritti civili dei neri,

appoggiati da Kennedy ma criticati da Malcolm X, guideranno verso la capitale

Washington la ormai celeberrima "Marcia per il Lavoro e la Libertà" il 28 agosto 1963

cui parteciperanno circa 250.000 persone di cui solo 50.000 afroamericane.

 

Ha luogo qui la stretta di mano tra il Presidente e i leader della SCLC e il celebre

discorso "I have a dream" di Martir Luther King, preparato solo poche ore prima, oggi

discorso-simbolo della marcia ma anche uno dei più famosi della storia americana:

si chiede la fine della segregazione razziale nelle scuole, più efficace legiferazione sui

diritti civili, protezione dalle brutalità della polizia.

 

 

Lo stesso anno l'omicidio di John F. Kennedy scuote l'America, nel 1964 Lyndon B.

Johnson firma il Civil Rights Act mentre King riceve ad Oslo il Premio Nobel per la

Pace, nel 1965 la "Domenica di Sangue" o "Bloody Sunday", una delle tappe più

decisive della lotta nonviolenta del movimento per i diritti civili, e la conseguente

marcia su Montgomery.

 

Il Presidente Johnson presenta alla fine la legge sul diritto al voto firmata il 6 agosto

1965, la "Voting Rights Act".

 

 

Martin Luther King viene assassinato a Memphis il 3 aprile 1968, dopo aver partecipato

ad una ennesima marcia, sul balcone del motel in cui ha preso alloggio, colpito

mortalmente alla testa da un colpo di fucile di precisione, proprio come cinque anni

prima Kennedy.

 

E come nel caso di Kennedy, anche gli atti dell'indagine sull'assassinio di Martin Luther

King jr verranno a lungo secretati dall'Amministrazione Americana...

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Leonardo Da Vinci

"Visionari" 19-05-2014

58 min 13 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Inventore, ingegnere, architetto, scienziato, anatomista, geologo,

botanico e biologo ante litteram, fine musicista.

 

Per i suoicontemporanei soprattutto pittore dotato di un

incredibile talento.

 

 

Chi era davvero Leonardo?

 

Quale identità si attribuiva tra le mille possibili?

 

E quali limiti poneva alla sua incessante ricerca?

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Leonardo da Vinci in età avanzata nel suo

celeberrimo autoritratto databile al 1513 circa, oggi

conservato alla Biblioteca Reale di Torino

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Leonardo Da Vinci - "Paura e desiderio dell'ignoto - perché solo

l'esperienza non sbaglia!"

 

 

Leonardo di ser Piero da Vinci, come in effetti si chiama, disegnatore, pittore, scultore,

ingegnere, architetto, progettista, inventore, anatomista, scienziato, trattatista,

scenografo, musicista italiano a cavallo tra il 1400 e il 1500, genio universale del

Rinascimento, nell'arte come nella conoscenza.

 

 

Figlio primogenito illegittimo di un giovanissimo e facoltoso notaio, appunto ser Piero

da Vinci, e tal Chaterina, donna del popolo, la nascita di "Lionardo" viene comunque

amorevolmente e orgogliosamente annotata dal nonno Antonio, notaio anche lui, nel

trecentesco libro notarile di "ricordanze" della famiglia, ma non il luogo di nascita,

probabilmente Anchiano.

 

Sposatosi il padre una prima volta nel 1452 e risposatosi in seguito altre tre, Leonardo

cresce con la madre nella casa paterna a Vinci, alla fine con ben dodici tra fratellastri e

sorellastre, ma tutti molto più giovani e con cui i rapporti rimarranno sempre sporadici

e non certo affettuosi, come dopo la morte del padre per la contesa dell'eredità.

 

 

Abbastanza isolato e in campagna riceve un'educazione non pianificata e discontinua

ora da parte del nonno, ora dello zio o del prete che l'ha battezzato, tra l'altro imparando

a scrivere con la sinistra e a rovescia, cioè da destra a sinistra, sempre indisciplinato e

incostante nell'applicarsi, saltando da un campo d'interesse all'altro, ma molto curioso

e desideroso di sapere di tutto.

 

Dimostrati presto attitudine e talento per disegno e modelli, grazie al padre, viene alla

fine accolto come apprendista nella bottega di Andrea del Verrocchio a Firenze,

all'epoca una delle più importanti della città dell'arte per eccellenza, con allievi i futuri

grandi maestri Sandro Botticelli, Pietro Perugino, Domenico Ghirlandaio e Lorenzo di

Credi, scuola di conoscenza artistico-artigianale trasversale e laboratorio sperimentale

di disegno, pittura, scultura marmorea, fusa a cera persa e d'intaglio, carpenteria,

meccanica, ingegneria, architettura e tutte le cosiddette arti "minori".

 

 

"Lyonardo di ser Piero da Vinci, dipintore" è già documentatamente riconosciuto pittore

professionale autonomo verso il 1470 e la sua prima opera certa "Paesaggio con

fiume", disegno di una veduta con prospettiva a volo d'uccello della Valle dell'Arno,

viene datata al 1473.

 

Di Leonardo scultore non si conoscono invece con sicurezza opere alcune e l'unico suo

accertato e fallito esperimento rimarrà il colossale monumento incompiuto a Francesco

Sforza.

 

 

Un Leonardo poco più che ventenne, immaturo, confuso e ancora incerto sul proprio

futuro, si accosta alla scienza frequentando il geografo ed astronomo Paolo dal Pozzo

Toscanelli, assistendo di sicuro e con interesse quasi morboso alla dissezione di

cadaveri nelle camere mortuarie di ospedali (da cui le sue future altissime conoscenze

di anatomia), studiando fisica e sperimentando con la meccanica da autodidatta.

 

Inoltre nel 1476 viene, insieme ad altri, anonimamente denunciato due volte per

sodomia su minori (nonostante il clima tollerante di quella Firenze verso

l'omosessualità, pena per gli adulti è l'evirazione e la mutilazione di piede o mano per

più giovani!), anche se la parentela di uno degli imputati con i Medici fa sì che l'accusa

venga archiviata e tutti "absoluti cum conditione ut retumburentur", cioè perdonati,

ammoniti ed assolti salvo comprovata recidività.

 

Sta di fatto che almeno dal 1479 non vive più nella famiglia paterna.

 

 

Da questo momento avviene il suo avvicinamento a Lorenzo il Magnifico dei Medici,

probabilmente attraverso il maestro Verrocchio, inizia così i suoi studi per consulenze

militari e ingegneristiche, esegue lavori di scultura e restauro, per poi partire nel 1482

alla volta di Milano - una delle poche città europee a superare allora i centomila abitanti,

una vera metropoli - inviato "ambasciatore" culturale del predominio artistico fiorentino

ad omaggiare il Duca Ludovico il Moro con una lira d'argento di sua invenzione,

vincendovi anche una competizione musicale.

 

Leonardo, affascinato dall'apertura della città alle novità scientifiche e tecnologiche

(date le sue continue campagne militari), coglie l'occasione e si autopropone scrivendo

una "lettera d'impiego" di nove paragrafi, in cui descrive i suoi progetti di

ingegneristica, macchine militari, opere idrauliche e di architettura, pittura e scultura.

 

 

L'accoglienza nell'ambiente milanese è però affatto entusiasta e, in ristrettezze

economiche, rimane forzato ospite presso colleghi pittori, dove deve aspettare un anno

intero per la prima committenza, dedicandosi nel frattempo a studi di meccanica,

invenzioni di macchine militari, messa a punto di tecnologie:

verso metà Anni Ottanta entra alla fine nei favori di Ludovico il Moro, il quale gli

commissiona sistemi d'irrigazione, ritratti, scenografie per feste, un po' di tutto

insomma e non di altissimo livello, inoltre sempre con grande  insoddisfazione

economica dell'artista.

 

Con le nozze di Gian Galeazzo Sforza con Isabella d'Aragona le commissioni ducali si

fanno però più importanti e frequenti:

il progetto del tiburio del Duomo di Milano, le decorazioni nel Castello Sforzesco per le

nozze, un inventato "cielo" con sette pianeti (Luna compresa), effetti speciali, giochi di

luci e suoni da sbalordire ed infine il grandioso progetto per un monumento equestre a

Francesco Sforza, colossale nelle dimensioni della statua in bronzo e ardua impresa

ingegneristica con il cavallo nell'atto di impennarsi, impresa più volte sospesa e

ripresa.

 

 

A Pavia nel 1490 per una consulenza sulla Fabbrica del Duomo, produce il cosiddetto

"Manoscritto B" di urbanistica, architettura religiosa e militare, effettua studi sulle

perfette proporzioni del corpo umano (celeberrimo il disegno dell'"Uomo Vitruviano"

iscritto in cerchio e quadrato), per poi rientrare a Milano tra l'altro ridedicandosi appunto

al colossale progetto del famoso monumento equestre finché - tutto pronto per la

fusione -   l'imminente calata di Carlo VIII di Francia in Italia in guerra contro il Regno di

Napoli degli Aragonesi non monopolizza la domanda di bronzo per le armi, non solo

vanificando per sempre il progetto ma creando di conseguenza nuovi acuti problemi

economici per lo sfortunato.

 

Nella sfortuna arriva però una alternativa inaspettata commissione, sempre celebrativa

degli Sforza, per il Convento di Santa Maria delle Grazie, il cui refettorio, finito di

lavorarci il Bramante. si decide di affrescare tra l'altro con un'"Ultima Cena":

attingendo alla tradizione fiorentina dei cenacoli ma reinterpretandola in maniera

estremamente emotiva e, non amando la rapidità d'esecuzione "al fresco", con una ad

hoc inventata più lenta tecnica d'esecuzione (tempera e olio su due strati di intonaco),

crea così uno dei suoi più apprezzati capolavori, solo in uno dei posti meno adatti (data

l'umidità in vicinanza della cucina - e non solo - l'opera avrà quasi da subito continuo

bisogno di restauri fino ai nostri giorni, l'ultimo nel 1999!).

 

 

Di nuovo guerra nel 1499, le truppe francesi di Luigi XII conquistano Milano e Leonardo

l'abbandona errabondo per viaggi e visite a corti e città, riparando temporaneamente a

Mantova, ospite di Isabella d'Este, che lo vorrebbe come pittore di corte al posto del

vecchio Mantegna, poi a Venezia nel 1500, dove viene incaricato di progetti di sistemi

difensivi contro la minaccia turca, torna a Firenze dopo vent'anni, morto il Magnifico e

cacciato suo figlio Piero per lui troppo cambiata sia politicamente che artisticamente,

con la nuova "insopportabile" stella Michelangelo di oltre vent'anni più giovane...

 

Assillato al solito da problemi economici e in acuto bisognoso di lavoro, si reca di

nuovo a Mantova e lo ritroviamo ad Imola al servizio di Cesare Borgia, figlio di Papa

Alessandro VI, come architetto e ingegnere militare e producendo un nuovo tipo di

polvere da sparo, una miscela di zolfo, carbone e salnitro, studiando macchine volanti e

per guerre sottomarine, poi a Pavia ad ispezionare le fortezze lombarde, fino a

diventarne "Architecto et Ingegnero Generale" e seguirlo con l'esercito ad Urbino, prima

testimone del sanguinoso e crudele attacco a tradimento della città e poi amico di

Niccolò Machiavelli, fino a poco prima del totale collasso dei possedimenti Borgia.

 

 

Dal 1503 è di nuovo a Firenze, dove gli si affida un complesso e per errore di calcoli

 

fallito progetto idraulico-militare sull'Arno contro la ribelle Pisa e l'affresco a Palazzo

Vecchio celebrativo delle vittorie militari fiorentini, la "Battaglia di Anghiari", mai

portato a termine (esattamente come l'altro gemello commissionato a Michelangelo!)...

 

Risale a questo periodo anche il suo massimo capolavoro, la "Gioconda" ovvero

"M[ad]onna Lisa", molto probabilmente il ritratto di Lisa Gherardini, moglie di

Francesco Bartolomeo "del Giocondo", oggi considerato in assoluto il più famoso al

mondo e il più enigmatico.

 

 

Alla morte del padre, dopo una causa giudiziale da lui stesso promossa per non essere

stato citato nel testamento, i dieci fratellastri e le due lo escludono in toto dall'eredità.

 

Si getta quindi a capofitto nello studio del volo e al progetto di nuove macchine volanti,

da cui il "Codice sul volo degli uccelli", una raccolta del suo pensiero sul volo con il

progetto della sua macchina volante più evoluta, che battezza il "Grande Nibbio".

 

 

Lusingato senza successo dal Governatore Francese di Milano, lo stesso Luigi XII

richiede a Leonardo i suoi servizi, torna quindi a Milano dove resta dal 1508 al 1513 e

dipinge occupandosi anche di problemi geologici, idrografici e urbanistici e studiando

di nuovo anatomia, ma il suo sostenitore, il Governatore Charles d'Amboise, muore ed

una ulteriore guerra, quella della Lega di Cambrai, caccia i Francesi da Milano ridandola

agli Sforza.

 

Lascia quindi Milano per Roma, dove Giuliano de' Medici, fratello di Papa Leone X, gli

ottiene alloggio nel Belvedere al Vaticano e può dedicarsi a studi scientifici, meccanici,

ottici e geometrici, non ottenendo però commissioni di rilievo, salvo un progetto di

prosciugamento delle Paludi Pontine mai relizzato e uno per la sistemazione del Porto

di Civitavecchia, ma incontrando certamente Bramante e Giuliano da Sangallo all'opera

nella fabbrica di San Pietro, Raffaello negli appartamenti papali che sta affrescando,

forse anche lo stesso Michelangelo rinchiuso nella Cappella Sistina.

 

 

Durante un viaggio a Bologna conosce di persona Francesco I di Francia, colto e

raffinato, amante dell'arte soprattutto italiana, che lo invita a Parigi, quindi anche se a

Roma riprende lo studio di specchi ustori per riscaldare una cisterna d'acqua per la

propulsione delle macchine (!), come pure i suoi amati studi di anatomia - facendosi

oggetto di un anonima accusa di stregoneria, alla fine non può non accettare l'invito del

Re:

è il 1517.
 


In Francia alloggia dal Re nel castello di Clos-Lucé, altamente considetaro e insignito

del titolo di "Premier peintre, architecte, et mecanicien du Roi" e con una pensione di

5.000 scudi e può finalmente trascorrere gli ultimi tre anni della sua tormentata vita in

serenità anche economica, assistito da due fedeli allievi (belli da far pensare ad amanti)

e continuare i suoi appassioni studi e ricerche scientifiche, nonostante una trombosi

cerebrale gli abbia ormai paralizzato la mano destra.

 

 

L'ultima data ad oggi conosciuta su un manoscritto di Leonardo è del giugno 1518,

in cui il "genio" - tutto preso da complessi calcoli di geometria, ma costretto ad

interromperli bruscamente perché alla fine deconcentrato da qualcuno che per

amorevole premura continua con insistenza a "stressarlo" per venire a tavola a

mangiare, scrive istintivamente e anche con una certa stizza questa incredibile

annotazione colma di semplice quotidiana umanità:

 

"Eccetera, perché la minestra si fredda"!

 

 

Sembra rimanere il suo saluto di commiato al mondo:

muore infatti il 2 maggio 1519 pianto sconsolatamente da Francesco I.

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Italo Calvino

"Visionari" 02-06-2014

59 min 46 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

"Si scrive per nascondere qualcosa che deve essere trovato",

diceva Calvino.

 

E per trovare il nostro visionario bisogna viaggiare molto:

salire sugli alberi, inseguirlo indietro nel tempo fino al Big Bang,

cercarlo a San Remo, Torino, Parigi, Roma, New York e poi nel

castello in cui è imprigionato il Conte di Montecristo o sulla Luna.

 

 

Perché l’autore di "Marcovaldo", "Le cosmicomiche", "Lezioni

americane" è un visionario per eccellenza.

 

Anzi ogni scrittore è un visionario:

stare davanti a uno schermo, a un foglio di carta, inventando una

storia, assomiglia infatti a un delirio.

 

 

E cosa c’entra Calvino con il pianeta internet?

E cosa ci può dire delle città caotiche in cui viviamo?

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

     

Italo Calvino alle prese con un articolo per il gionale

la Repubblica:

l'ultimo uscirà il 10 luglio 1985, il 19 settembre

muore a Siena

       

 

                                   

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Italo Calvino - "Non vi dirò mai la verità - di questo potete star

sicuri!"

 

 

Italo Giovanni Calvino Mameli, scrittore e partigiano ormai conosciuto semplicemente

come "Italo Calvino", nasce a Santiago de Las Vegas de La Habana, a Cuba, nel 1923: il

padre, agronomo, di Sanremo e la madre, matematica e botanica, di Sassari, dopo un

disastroso uragano decideranno però di rimpatriare nel 1926, Italo bambino di appena

tre anni.

 

 

Intellettuale, impegnato politicamente, civilmente e culturalmente, riconosciuto come

uno degli scrittori italiani più importanti del Novecento grazie anche al suo stile limpido,

sempre coerente lungo un percorso di personale ricerca tutto proprio, interessato a

"spiegare il mondo" sia scientificamente che filosoficamente, ricco di riflessioni su

storia e società contemporanea, con spiccato gusto per l'ironia.

 

Della vita sanremese, dal rimpatrio alla Seconda Guerra Mondiale, porterà con se la

spensieratezza e la serenità tipica di una famiglia laica, con entrambi i genitori liberi

pensatori, scienziati e ricercatori - lui anarchico, lei socialista - ad attutire la pesantezza

crescente del nuovo clima fascista.

 

 

In effetti, pur rifiutando culturalmente il Regime Fascista, né il padre né la madre si

espongono come antifascisti, per cui il suo primo contatto diretto con quella cultura è

semplicemente dovuto all'obbligo scolastico di "Balilla", anche se, nonostante la

famiglia Calvino non abbia fede religiosa, iscritto ad una scuola valdese.

 

Educato a tolleranza dialettica ed accettazione della diversità, trasporrà con evidenza

questa formazione nella sua saggistica politica, la critica sociale, la produzione

letteraria anche poetica e la sceneggiatura teatrale, sempre sì "partigiano" serio ed

impegnato però non senza ironia e puranche umorismo.

 

 

Già il preludio alla Seconda Guerra Mondiale ma poi lo scoppio sconvolge

definitivamente la sua vita di provincia creando in lui un attivo impegno politico, da

oppositore convinto della guerra, si trasferisce e studia a Torino dove frequenta circoli

politico-culturali antiregime, diventando amico di Eugenio Scalfari, già suo compagno di

liceo.

 

Grazie anche ai consigli e stimoli dell'amico focalizza il suo interesse letterario su etica

e società, studia brevemente a Firenze, torna a Sanremo e all'uccisione da parte dei

Fascisti di un giovane professionista, comandante partigiano locale, agli inizi del 1944

aderisce con il fratello Floriano alla Seconda Divisione d'Assalto Partigiana "Garibaldi",

nome di battaglia "Santiago".

 

 

Pur considerandosi anarchico come il padre, durante la clandestinità si avvicina

all'organizzazione partigiana comunista, partecipando nella primavera del 1945 alla

Battaglia di Baiardo, una delle ultime combattute dai partigiani italiani.

 

La vita alla macchia di quegli anni costituirà la base di molta della sua futura produzione

letteraria.

 

 

Pur continuando anche dopo la Liberazione ad essere anarchico e libertario, la sua

visione del mondo, uscendo dall'ingenuità giovanile, non cadrà mai in semplificazioni

politiche e sociali, ma maturerà alla complessità dovuta, neppure comunque esaltando

l'idea comunista né culturalmente né filosoficamente.

 

Aderisce quindi al Partito Comunista Italiano divenendone attivista e dirigente, ma

sempre esprimendo le sue distinte opinioni politiche e sociali anche su stampa

culturale non direttamente legata alla politica.

 

 

Lasciati alle spalle i suoi primi studi di Agraria di iscrive alla Facoltà di Lettere

dell'Università di Torino, (accedendo direttamente al terzo anno grazie ai suoi meriti di

partigiano ex combattente e laureandosi nel 1947) ed incontra Cesare Pavese, da ora

sua guida culturale ed umana e permanente "primo lettore" delle sue opere.

 

Gli viene quindi affidato l'ufficio stampa dell'Einaudi, una collaborazione che si evolverà

in consulenza editoriale esterna durando fino al 1961, e a Roma frequenta tra gli Anni

Quaranta e Settanta un ricco e variegato mondo culturale, con personaggi come Elio

Vittorini, Natalia Ginzburg, Delio Cantimori, Franco Venturi, Norberto Bobbio e Felice

Balbo.

 

 

Pur sempre continuando la sua produzione letteraria, collabora attivamente con l'Unità

e Rinascita, poi lo shock del suicidio dell'amico e maestro Cesare Pavese nel 1950, la

morte del padre nel 1951 e la sua visita nell'Unione Sovietica, di cui un diario di

successo.

 

A fine Anni Cinquanta la parentesi a cupo fine di una relazione con l'attrice Elsa De

Giorgi, moglie di Sandrino Contini Bonacossi, il quale scompare misteriosamente senza

lasciar traccia, salvo venir poi ritrovato suicida a Washington solo nel 1975...

 

 

Il suo mai venuto meno spirito anarchico e libertario si esprime ancora in interventi

critici in occasione del XX Congresso del PCUS del 1956, contro la negata libertà di

espressione e mancata democrazia nell'Unione Sovietica, critico è anche contro la

chiusura culturale dei dirigenti del PCI, e infine, all'indomani dell'invasione

dell'Ungheria da parte dell'Armata Rossa, abbandona senza se e senza ma il Partito.

 

Da intellettuale dissidente, anche dopo aver lasciato alle spalle la politica attiva, non

degrada nel qualunquismo, ma la sua critica, per quanto pesante ed amara, resta

propositiva.

 

 

Raggiunge la sua maturità artistica tra fine Anni Cinquanta e metà Anni Ottanta, viaggia

a lungo negli Stati Uniti, ottiene fama internazionale per cui, invitato a conferenze e

dibattiti in tutta Europa, incontra a Parigi Esther Judith Singer, detta "Chichita",

traduttrice argentina in organismi internazionali, e sua futura moglie.

 

Nel 1964 torna all’Avana per sposarla e lì conosce il Comandante Ernesto Che Guevara,

poi ucciso in Bolivia nel giorno del quarantaquattresimo compleanno dello scrittore,

torna quindi in Italia a Torino e Roma, in quest'ultima stabilendosi definitivamente con

la moglie e il figlio di lei e dove nel 1965 nascerà anche la figlia Giovanna.

 

 

Nel 1966 muore anche l'amico Elio Vittorini e Calvino deve concedersi un periodo di

meditazione, di rielaborazione del proprio vissuto, poi nel 1967 si trasferisce a Parigi

con tutta la famiglia per un impegno di lavoro previsto di 5 anni, ma ve ne resterà ben

13, fino al 1980, partecipando vivacemente alla vita culturale francese e collaborando

con molti dei suoi attuali rappresentanti.

 

Tornato a Roma, sempre con la famiglia, ricerca sempre più il punto di confine tra

letteratura e scienze nell'arte cosmologica e combinatoria.

 

Nel 1983 si reca in Argentina con la moglie, paese di origine di questa, dove incontra

anche il neo-eletto Presidente della Repubblica Raúl Alfonsín, e nel 1985 lavora alla

preparazione di una serie di conferenze da tenere all'Università di Harvard.

 

 

Inaspettatamente all'età di neppure 62 anni viene colto da un ictus in Toscana, proprio

alla vigilia del suo nuovo viaggio americano, e, nonostante operato a lungo al cervello,

muore a Siena per sopravvenuta emorragia cerebrale.

 

Subito dopo la sua scomparsa, alcuni suoi amici, tra cui Natalia Ginzburg, Norberto

Bobbio, Lalla Romano, Cesare Segre e Massimo Mila, fondano in Italia il "Premio Italo

Calvino", dedicato ad opere prime di narrativa, poi nel 1996 viene istituito il "Premio

Letterario Biennale Cubano Italo Calvino", riservato a giovani talenti dell'isola, e infine il

Governo Cubano dichiara il 2013 "Anno di Italo Calvino a Cuba", in occasione del suo

"novantesimo compleanno".

 

 

Della sua opera, che spazia libera e si rinnova continuamente, la prima fase si colloca

nel movimento neorealista, con "Il sentiero dei nidi di ragno" e "Ultimo viene il corvo",

storie dall'esperienza partigiana, in cui l'impegno politico ed il tentativo di

comprensione del mondo attraverso gli occhi di un bambino vengono espressi

attraverso una scrittura spontanea e leggera, in una dimensione tra mito e fiaba, a

intravedere in un preteso sogno la cruda realtà.

 

Inizia così quello sdoppiamento dei livelli interpretativi di lettura - quello "narrativo", di

semplicità dall'immediata comprensione, e quello "analitico" più nascosto - che

diventerà poi caratteristico di tutta la sua produzione letteraria.

 

 

Segue una fase di fantasia, fondata sul suo profondo interesse per la letteratura

popolare, specialmente le favole, con la trilogia "I nostri antenati mostrano

caratteristiche simili":

"Il visconte dimezzato", di pura invenzione, riflessioni sul contrasto fra realtà e

illusione, tra ideologia ed etica, fermo restando quanto sia impossibile arrivare ad una

verità assoluta, "Il barone rampante", alter ego dell'autore che vi abbandona

completamente il messaggio politico, e "Il cavaliere inesistente", dalla visione

pesantemente pessimista di una realtà irrazionale e minacciosa.

 

In pratica una sfaccettata immagine dell’uomo moderno alla ricerca di un equilibrio tra

bene e male nel primo libro, totalmente alienato nel secondo e nell'ultimo addirittura

andato perso e ridotto ad apparenza.

 

 

Parallelamente a questo genere di scrittura la narrazione della realtà quotidiana, sul

difficile ruolo dell'intellettuale nella società e la sua pressoché totale impotenza di

fronte agli eventi della storia:

sono i racconti di "Marcovaldo", in due serie, la prima più fiabesca l'altra più assurda (il

tema dell'intellettuale che deve cercare di "capire il caos del reale" per tentare di dare

un senso alla vita verrà ripreso in "Sfida al labirinto" [dell'esistenza]).

 

Con "Le cosmicomiche" Calvino, amante dichiarato di "science-fiction", arriva a

sfiorare la narrativa fantascientifica, ma come sempre in suo modo tutto originale, cioè

non parlando del futuro o futuribile, ma del passato, il passato remoto, un mito

primordiale.

 

 

Negli Anni Sessanta inizia ancora una nuova fase, quella combinatoria, letteratura

dell'artificio come gioco combinatorio, rendendo palesemente visibile ai lettori la

struttura stessa della narrazione, per accrescere la loro consapevolezza.

 

Convinto che ormai sia il linguaggio a dominare la realtà, fa del romanzo un

meccanismo per giocare artificialmente con le possibili combinazioni delle parole, in

uno stile da Neoavanguardia ma esplicito e comprensibile.

 

 

La sua riflessione sulla scrittura letteraria si indirizza verso pura combinazione formale:

ecco "Il Castello dei destini incrociati" e "La Taverna dei destini incrociati", racconti

sviluppati seguendo la combinazione delle carte dei tarocchi (il suo vero scopo

"smascherare" i meccanismi alla base della narrazione come tale, in un romanzo che

addirittura riflette sulla propria natura e struttura).

 

Identico gioco combinatorio che sarà altrettanto centrale ne "Le città invisibili", quasi

una riscrittura del Milione in cui però è Marco Polo che descrive a Kublai Khan le città

del suo impero, città che esistono solo nell'immaginazione del narratore e vivono

esclusivamente delle sue parole (il succo: non possiamo combattere l'inferno della

nostra vita altro che valorizzandone quel che inferno non è!).

 

Solo che qui i meccanismi combinatori del racconto sono ancora più espliciti, in quanto

in una struttura narrativa di nove brevi capitoli a susseguirsi dentro la cornice in

corsivo di un dialogo tra l'imperatore dei Tartari e il mercante veneziano, con la

descrizione di ben cinquantacinque città (pura metanarrativa).

 

 

Segue quindi l'opera forse "più sua", "Se una notte d'inverno un viaggiatore", a

mettervi ancora più scarnificatamente a nudo i meccanismi della narrazione,

riflettendovi sia sulla pratica della scrittura che sul rapporto scrittore-lettore.

 

In uno schema ad incastro da Mille e una notte, ciascuno dei dieci racconti inizia infatti

in un diverso stile narrativo, ad esemplificarne pedagogicamente come in una "lezione

di stile" tutti i moderni modelli (neo-avanguardista, neo-realistico, esistenziale, surreale

e così via).
 

 

Postumi le "Lezioni americane", "Sotto il sole giaguaro", "La strada di San Giovanni" e

"Prima che tu dica pronto".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Seconda stagione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Federico Fellini

"Visionari" 04-05-2015

47 min 41 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Wolfgang Amadeus Mozart 

"Visionari" 11-05-2015

48 min 21 sec

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Michelangelo Buonarroti

"Visionari" 25-05-2015

47 min 50 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Albert Einstein

"Visionari" 08-06-2015

50 min 43 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Giacomo Leopardi

"Visionari" 15-06-2015

46 min 19 sec

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Gandhi

"Visionari" 22-06-2015

47 min 26 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

William Shakespeare

"Visionari" 29-06-2015

1 h 1 min 58 sec

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Terza stagione

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Steve Jobs

"Visionari" 30-05-2016

44 min 36 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Virginia Woolf

"Visionari" 13-06-2016

46 min 28 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Caravaggio

"Visionari" 20-06-2016

41 min 23 sec

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

Beatles

"Visionari" 04-07-2016

57 min 55 sec

 

                                   

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Una piccola nota redazionale a piè di pagina

sui contributi fondamentali dell'Ebraismo alla civiltà universale e 

alcuni Ebrei illustri

 

 

In questi tempi di nuovo così bui parlare pacatamente di "semitismo" non è facile né

popolare, ma proprio per questo necessario, almeno per imparare finalmente a

distinguere l'"anti-semitismo" dall'"anti-sionismo".

 

 

"Anti-semitismo", termine coniato a fine Ottocento, riferisce stranamente soltanto agli

Ebrei, anche se in senso di etnia "Semiti" siano anche tutti gli Arabi e, storicamente,

popoli come gli Assiro-Babilonesi, gli Aramei e i Cananei.

 

L'antisemitismo è una costante delle società europee - con persecuzioni, restrizioni

professionali, maggiori tassazioni, espulsioni, linciaggi e stermini - che si sviluppa

dall'odio religioso medievale verso degli Ebrei "perché responsabili della morte del

dio-uomo cristiano" (!?), alla loro espulsione dalla Spagna del XV sec fino al tentativo di

totale genocidio, la cosiddetta "soluzione finale", nella Germania nazista del XX sec.

 

 

Il "sionismo" invece nasce in risposta alle violenze e discriminazioni subite dagli Ebrei,

quando, primi i russi, con la mentalità nazionalista e colonialista dell'epoca, all'indomani

dei pogrom del 1881 nell'Impero zarista, vedranno come unico luogo sicuro la Palestina,

terra dei loro antenati e antico Regno di Israele, dove creare un moderno Stato ebraico,

ben consapevoli che vi vivano da secoli Arabi sia musulmani che cristiani.


Questo ennesimo movimento dell'"uomo bianco portatore di progresso" non riscuoterà

successo, almeno fino agli Anni Trenta del Novecento, quando le "Leggi Razziali" della

Germania nazista e dell'Italia fascista non convinceranno molti Ebrei a trasferirsi negli

insediamenti o yishuv creati dai Chibbat Zion, "gli amanti di Sion" e dai primi sionisti in

Palestina, poi nel 1948 "Stato di Israele" e dal 2018 "Stato-Nazione del Popolo Ebraico".

 

 

Alla costituzione di una Nazione ebraica su premesse "etnocratiche" sioniste, ribadite

con politiche discriminatorie verso i cittadini non ebrei e una progressiva occupazione

coloniale fino a Cisgiordania e alture del Golan, alla base del progetto di giudaizzazione

dei territori controllati, tutto attuato con il benestare diretto o indiretto delle Potenze

occidentali, si contrappone un negato Stato di Palestina, ingiustizia che provocherà la

lunga serie di conflitti che ad oggi caratterizzano la storia della regione.

 

 

Opporsi al sionismo come idea che la patria ancestrale di tutti gli ebrei sia la Palestina

e, di conseguenza, questi abbiano il diritto di rivendicarne l'intero territorio, seguendo

le logiche tipiche dei movimenti etno-nazionalisti di ispirazione coloniale, è più che

lecito e motivato data la sua antistoricità e la aperta discriminazione di alcuni segmenti

della popolazione israeliana su base etnico-religiosa e sull'appropriazione illegittima dei

territori assegnati dall'ONU ai palestinesi.

 

Infatti non si tratta di antisemitismo, un odio su base razziale, ma dell'opposizione a un

progetto politico che ancora oggi spudoratamente vìola i diritti umani e le convenzioni

internazionali, né impedisce il riconoscimento senza detrazioni alcune al grandissimo 

contributo storico, culturale e intellettuale, dato dagli Ebrei a pensiero, scienza, arte,

musica, cinema, economia.

 

 

Alcuni nomi "illustri", quale che ne sia il giudizio storico o il nostro personale:

 

Albert Einstein, Sigmund Freud, Karl Marx, Leon Trotsky, Baruch Spinosa, Enrico Fermi

(non Ebreo ma sposato con un'Ebrea), Etty Illesum, Edith Stein, Martin Buber, Rita Levi

Montalcini, George Gershwin, Moses Mendelssohn, Leonard Bernstein, Gustav Mahler,

Benny Goodman, Marc Chagall, Amedeo Modigliani, Franz Kafka, Marcel Proust, Boris

Pasternak, Alberto "Moravia" Pincherle, Umberto Saba, Italo Svevo, Elsa Morante,

Primo Levi, Woody Allen, Mel Brooks, i Fratelli Marx, Steven Spielberg, Stanley

Kubrick, Roman Polanski, Oliver Stone, Marilyn Monroe, Paul Newman, Cary Grant,

Harrison Ford, Kirk Douglas, Mikael Douglas, Richard Gere, Sarah Bernhardt, Carol

Kane, Jon Stewart, Jerry Lewis, Marcel Marceau, Winona Ryder, Peter Sellers, Dustin

Hoffman, Marty Feldman, Walter Matthau, Tony Curtis, Peter Falk, Elizabeth Taylor,

Olivia Newton John, Alessandro Haber, Anna Magnani, Claudio Amendola, Gioele Dix,

Paolo Hendel, Luca Barbareschi, Raul Cremona, Franca Valeri, Marta Flavi, Bob Dylan,

Lou Reed, Barbara Streisand, Arnoldo Foà, Vittorio Foà, Isac Asimov, i Fratelli Coen,

Leonard Cohen, Bruno Pontecorvo, Scarlett Johansson, Natalie Portman, Arnaldo

Momigliano, Daniele Manin, i Fratelli Rosselli, Giuseppe Ottolenghi, Claudio Treves,

Ugo Lombroso, Benvenuto Aronne Terracini, Gino Luzzatto, Donato Ottolenghi, Mario

Fubini, Leone Ginzburg e Natalia Ginzburg, Mayer Rothschild, Golda Meir, Henry

Kissinger, Alan Greenspan, Bill Gates, Mark Zuckerberg, Carlo De Benedetti, la Famiglia

Olivetti, Lapo Elkan, Bernard Henri Lévi, Paolo Mieli, Fiamma Nierenstein, Stefano Levi

Della Torre, Corrado Augias, Led Garner, Enrico Mentana, Roberto Saviano, Giorgio

Gaber, Dario Fo, Moni Ovadia, Julio Iglesias, Calvin Klein, Levi Strass, Harry Houdini…

 

 

Superfluo nominare Abramo, Isacco, Giacobbe, Mosè, tutti i Profeti, Yosef/Giuseppe e

Miriam/Maria, gli Apostoli (quelli veri) e gli Evangelisti (quelli veri) e il grand'inventore

del cosiddetto "Cristianesimo", tal impostore Shaul di Tarso, in arte "Paolo"...


E soprattutto "lui", il Rabbino Yehoshua Ben Yosef, forse addirittura figura storica, che

abbiamo preferito effeminare occidentalizzandolo in dolce "Gesù" dagli occhi azzurri

sui nostri "santini" portafortuna!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                   

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