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La società siamo noi

noi la storia e la nostra cultura

una cultura senza comparti né livelli

che o c'è o non c'è

Noi l'immagine

Fotografia documentale

Antonietta Pontanari

"I viaggi di Antonietta" 

Cina 2008

Il nome

Già nello Shujing del VI sec aC (書經 in tradizionale, 书经 in

semplificato e Shūjīng in putonghua o lingua parlata comune, il

"Classico dei documenti" della storia antica della Cina) i Cinesi

usano chiamare il proprio Paese 中国, Zhōngguó - Zhōng medio

al centro e Guó regno - quindi il "Regno centrale", antica parola

religioso-cosmologica per indicare come "civiltà al centro del

Cielo" o dell'Universo l'insieme di regni delle pianure della Cina

Settentrionale.

Con l'Impero il termine sarà sinonimo di "Terra dei Cinesi Han",

per distinguerla dalle terre dei "barbari" (suona familiare?) di etnie

匈奴 Xiongnu ), connotazione persa sotto la dinastia mancese dei

清朝 Qing XVII-XIX sec a comprendere man mano tutti i gruppi

etnici riuniti in un unico Impero multietnico e multiculturale

("Romani" non gli abitanti di Roma, ma i Cittadini dell'Impero!).

 

Bisognerà arrivare al XIX sec perché il termine Zhōngguó divenga

lo "Stato" o "nazione" cinese, mentre dal 1949 il nome ufficiale del

Paese cambierà in 中华人民共和国 in semplificato e

Zhōnghuá Rénmín Gònghéguó in parlato, vale a dire "Repubblica

Popolare Cinese".

 

Probabilmente l'origine della nuova parola "Cina" è persiana, da

چین‎ Chin, a sua volta dal Sanscrito del V sec aC, o potrebbe

derivare da 秦 Ch'in Qin, il territorio cinese più ad Ovest sotto la

dinastia Zhou, nella Cina unificata del regno Qin III sec aC.

La multiculturalità

La diversità etnico-culturale rappresenta di gran lunga la più

grande ricchezza di un Paese, purtroppo però viene troppo

spesso ridotta al "colore" della pelle o all'uso di una lingua o un

dialetto "diversi" o all'avere "strane" usanze o all'indossare o

meno "certi" simboli religiosi, in altre parole a caratteristiche

che si limitano alla "crosta" del "visibile", senza minimamente

pensare "etnia" e "cultura" come fattori identitari al pari di

"genere" o "generazione", quindi fondanti e in più dalle mille

sfumature dovute alle esperienze della singola persona in

relazione al mondo circostante, specialmente se appartiene a un

gruppo minoritario nella società.

La percezione italiana di etnia e cultura restituisce l'immagine di

un Paese in cambiamento con storici e nuovi crescenti gruppi

etnici e culturali, con storie migratorie di prima generazione e a

seguire, all'interno del Paese (per lo più "capitale umano" - prima

braccia ora cervelli - in costante flusso a senso unico the Savoia

way, depredando e distruggendo il Sud per arricchire il Nord) o

provenienti da altri Paesi e Continenti, già Cittadini o ancora

impediti a diventarlo, tutti residenti, attivi, pienamente integrati,

ma sempre e comunque percepiti come "stranieri", extraneus =

estraneo, alieno, o "forestieri", foristarius = gente dal di fuori o

che sta o viene lasciata fuori.

La Cina riconosce ufficialmente 56 gruppi etnici, dominante quello

dei 汉族 Cinesi Han, oltre il 90% della popolazione totale, ma la

cui distribuzione estremamente irregolare sul territorio trasforma

addirittura in minoranza in vaste zone occidentali, inoltre con

grandi differenze linguistiche, culturali ed etniche all'interno dello

gruppo stesso, seguiti dalle grandi minoranze etniche degli

壮族 Zhuang, 满族 Manciù, 回族 Cinesi Hui, 苗族 Miao

/Hmong, 维吾尔 Uiguri, 彝族 Yi, 土家族 Tujia, 蒙古族

Mongoli, 藏族 Tibetani, 布依族 Buyei e 朝鲜族 Coreani.

La multietnicità della Cina inizia con i territori incorporati dalla

dinastia Qing (imperatori di etnia Manciù e non della grande

maggioranza Han), fino all'annessione del Tibet Anni Cinquanta

del secolo scorso, e viene gestita con una politica ufficialmente

contro l'assimilazione a garantire ad ogni gruppo etnico il diritto

di mantenere e sviluppare il proprio linguaggio e la propria

cultura, ma di fatto il grado di integrazione delle minoranze varia

fortemente da gruppo a gruppo, con Zhuang, Hui e Manciù ben

integrati nella comunità "nazionale", mentre altri, tra cui Tibetani e

Uiguri, con forti risentimenti contro la maggioranza.

La Cina utilizza ancora oggi il pretesto della sicurezza nazionale

per impedire l'esercizio dei diritti umani, civili e di minoranza,

comprese libertà d'espressione, associazione e riunione, con una

rigorosa censura su molti argomenti "sensibili", sia online che

fuori, i difensori di tali diritti costretti a subìre detenzioni arbitrarie

e processi iniqui.

I diritti umani nella regione autonoma uigura dello Xinjiang sono 

stati gravemente calpestati contro Uiguri, Kazaki e altre minoranze

etniche prevalentemente musulmane, con terribili violazioni

rimaste impunite senza averne individuato le responsabilità, ma

ancor più preoccupanti le politiche e i programmi governativi

finalizzati alla cancellazione della lingua e della cultura di altri

gruppi etnici come i Tibetani, attiviste dei diritti delle donne

oggetto di molestie, intimidazioni, detenzioni arbitrarie e processi

farsa, a Hong Kong divieti su proteste pacifiche, con attivisti,

giornalisti, e soprattutto difensori dei diritti umani e LGBTQIA+

arbitrariamente detenuti.

I grandi numeri

La Cina è il terzo Paese al mondo per estensione dopo Russia e

Canada, un territorio di tali dimensioni che è molto difficile

comprenderle, diciamo che sulla cartina geografica sopra

dovremmo incollare la nostra penisola ben 31 volte per riuscire a

coprire tutta la Cina (!) e, parlando poi di popolazione, il rapporto

fra i due Paesi quasi inimmaginabile - meno di 60 milioni di Italiani

contro 1 miliardo e 350 milioni di Cinesi - quindi, per farla più

semplice contiamo che per ogni per ogni Italiano ci sono circa 55

Cinesi...

Dal punto di vista economico la differenza si riduce un po', la Cina

seconda economia mondiale dopo gli Stati Uniti e comunque un

Prodotto Interno Lordo solo poco oltre sei volte quello dell'Italia,

in dollari US la produzione cinese vale 12,2 milioni di miliardi e

quella dell'Italia 1,9 milioni di miliardi, molto peggio però quando

si tratta di crescita, con la Cina a tassi di sviluppo molto maggiori

del nostro Paese e inoltre con un divario in continuo aumento

(per capirlo meglio basti pensare che una ventina di anni fa  il PIL

dell'Italia "superava" del 20% quello della Cina!).

 

Da ultimo il reddito pro capite, senza tener conto del reale potere

d'acquisto l'Italia è ancora molto più ricca della Cina, dato che

teoricamente "ogni" Italiano dispone di oltre tre volte e mezza

quello di cui dispone un Cinese (31.900 dollari contro 8.800

dollari), ma con una molto preoccupante tendenza, perché

sempre vent'anni fa l'Italiano ne aveva ben 26 volte di più!

Benvenuti in Cina!

Cina

"Fino alla fine dell'amore"

Musica tradizionale