Come al solito la chiarezza verbale langue quando si
tratta di
legiferare su argomenti che andranno ad
incidere sul tenore di vita
delle persone e,
soprattutto, sul loro sacrosanto diritto alla fruizione
di un elemento naturale che non può e non deve
essere mercificato.
Siccome scripta manent - verba volant,
non ci
soffermeremo ad analizzare i vari commenti
favorevoli o contrari
alla legge, approvata fra l'altro
imponendo la questione di fiducia (la
28esima della
legislatura per la precisione), ma andremo
ad
analizzare le incongruenze costituzionali
dell'Art.
15
del Decreto Legge 135/09
che ha modificato l'Art.
23
bis della Legge 133/08 e le relative conseguenze
economiche che
si ripercuoteranno sugli aventi
diritto al servizio.
Il punto centrale della questione è che la normativa
sopra citata
riguarda servizi di interesse economico,
quindi non produce effetti sul
governo e la gestione
dell'acqua, che è un ambito direttamente
riconducibile ai diritti fondamentali dell'uomo.
Diritti sui quali non si possono
applicare le regole
del mercato e della concorrenza.
Il via libera alla gestione dei servizi pubblici locali da
parte di
privati cozza clamorosamente con gli Articoli
Costituzionali 2 e 3 (violazione
del principio
solidaristico e di uguaglianza) 5 e 18 (violazione del
principio autonomistico di autodeterminazione dei
Comuni), 117, comma 2
(relativo al riparto di
competenze tra Stato e Regioni), 41 (riconoscimento
dell'attività economica pubblica), 43 (centralità del
ruolo dell'impresa
pubblica nella gestione dei servizi
pubblici essenziali).
Può anche darsi che qualche legislatore
(e i 302
deputati che hanno votato a favore), considerino la
nostra
Costituzione, e i principi in essa contenuti, un
libro ormai superato e
da modificare, come
d'altronde hanno fatto i Governi di Centrosinistra
che si sono succeduti (Governo Prodi, Legge Cost.
24 gennaio 1997 n. 1,
Governo D'Alema, Leggi Cost.
22 novembre 1999 n. 1, 23 novembre 1999 n.
2, 17
gennaio 1999 n. 1, Governo Amato, Leggi Cost. 23
gennaio 2001 n.
1, 31 gennaio 2001 n. 2 e l'8 marzo
2001 Disegno di Legge per la
modifica del Titolo V
Parte Seconda della Costituzione, grazie al quale
sono stati abrogati 5 Articoli e modificati altri 11).
Però questo nulla toglie al fatto che le
leggi, finché
non vengono ulteriormente modificate, debbano
essere
rispettate.
Se c'è poi qualche politico (in primis
il ministro per
le Politiche Comunitarie Ronchi) che antepone le
normative europee a quelle nazionali e si copre
dietro affermazioni del
tipo "siamo per la gestione
pubblica, ma dal punto di vista giuridico
non è
possibile", scendono in campo i luminari del Diritto
Pubblico
che dichiarano, come ha fatto il Professore
Lucarelli, che "la
violazione del principio comunitario
relativo alla distinzione tra
interesse economico-
generale e servizi di interesse generale è sancita
dell'art. 14 TFUE, Protocollo n. 26 del
Trattato di
Lisbona e relativa produzione normativa e
giurisprudenziale UE, oltre alla
Risoluzione n. 357/97
del Parlamento Europeo per restare sempre
in tema
di servizi di interesse generale".
L'affermazione "siamo contro la gestione dell'acqua
pubblica"
sarebbe stato un atto di onestà dovuto,
che avrebbe, almeno in minima
parte, lenito le
piaghe di questo cancro legislativo.
Infatti, anche se l'Art. 15 del testo del D.L. 135/09
precisa che la
proprietà pubblica del bene acqua
deve essere garantita, viene prevista
"in via
ordinaria" la gestione dei servizi pubblici locali ad
imprenditori o società attraverso gare pubbliche e la
gestione in house
è consentita soltanto in deroga e
per "situazioni eccezionali".
Il testo del Decreto Legge prevede che
"la
partecipazione pubblica debba essere
almeno del 40
per cento" e che con questa quota
azionaria "sia
sempre affidata al socio privato anche
la gestione
della SpA mista".
Il tutto si traduce in
strumentalizzazione di capitali,
proprietà e risorse pubbliche
indirizzate al
raggiungimento del massimo profitto a svantaggio
della
sfera sociale che comunque dovrà giustificare
la partecipazione del
capitale pubblico.
Summus Ius, summa iniuria.
["Somma giustizia, somma ingiustizia",
ovvero "Il
massimo del diritto, il massimo dell'ingiustizia",
proverbio romano citato da Cicerone nel suo De
officiis, I, 10,
339 - Nota della Redazione]
Non si può pensare che scelte del genere vengano
fatte, come scrive
qualcuno su giornali o siti web,
per favorire le multinazionali,
magari le stesse che
hanno il controllo delle acque minerali, ma si può
facilmente affermare che la dispersione di acqua, in
dimensioni che
raggiunge anche il 50 per cento, è
dovuta alle condutture idriche
italiane spesso
fatiscenti, la cui manutenzione comporta una spesa
probabilmente non sostenibile da una gestione
totalmente pubblica.
Tutto ciò a fronte di un sicuro
innalzamento dei costi
in bolletta.
Il Consiglio Comunale può prendere posizione
precisa in merito alla
Legge Statale, vista la recente
approvazione in via definitiva del
Consiglio dei
Ministri del Disegno di Riforma degli Organi e delle
Funzioni degli Enti Locali, di semplificazione e
razionalizzazione
dell'ordinamento e la Carta delle
Autonomie Locali.
Se c'è la volontà di riconoscere l'acqua
"un bene
comune e un diritto universale" può, infatti, fare
inserire nello Statuto Comunale la voce
"gestione
del servizio idrico in forma pubblica e
con la
partecipazione delle comunità locali".
Visto il clima politico la strada da
compiere può
sembrare ardua, ma si deve percorrere, se non si
vuole
rendere mercificabile anche un bene
essenziale alla vita.
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