Il Piano, elaborato dodici mesi fa dal Presidente della
Regione Piero
Marrazzo, prevedeva il taglio di 1.140
posti letto in 21 strutture private
e 386 posti letto
negli ospedali pubblici di Amatrice e Magliano
Sabina in
Provincia di Rieti, Acquapendente,
Montefiascone e Ronciglione in
Pprovincia di
Viterbo, l'Ospedale di Priverno in Provincia di Latina,
lo "Spolverini"
di Ariccia in Provincia di Roma e la
struttura di Ceccano in Provincia di
Frosinone.
"La Regione Lazio sta ulteriormente indebolendo un
settore di servizi
che è strategico per una sanità
moderna ed efficiente - ha dichiarato
Stefano De
Lillo, senatore del PdL - quello della lungodegenza e
della
riabilitazione.
Ultimo ad essere raggiunto da un decreto
di chiusura
- ha informato De Lillo - è stato l'Istituto San
Raffaele
di Montecompatri, dotato di 269 posti letto dedicati
alla
riabilitazione neuromotoria, al quale
l'Amministrazione Regionale ha
recapitato il 17
settembre un ordine di chiusura entro trenta giorni.
Se si tiene conto dei fattori oggettivi
della notevole
domanda di servizi di lungodegenza - LAI
e
riabilitazione - RAI, nonché delle
potenzialità di
servizio e di sviluppo della struttura di
Montecompatri, la decisione di Marrazzo
risulta
incomprensibile".
Le drastiche riduzioni del servizio sono scelte che si
scontrano con la
specifica elaborazione statale del
disegno di legge in programma sulla
regolazione
dell'assistenza ai malati in fase terminale.
"Nel momento in cui il Parlamento si impegna nel
riconoscere il diritto
alla salute anche nelle
condizioni più estreme - ha concluso
il medico-
senatore De Lillo - chiudere le strutture
che offrono
assistenza nella lungodegenza e nella
riabilitazione
significa rifiutare questa impostazione
della Sanità,
che deve avere come primo obiettivo la
tutela della
persona e della vita in ogni fase della
sua esistenza."
Il Lazio è la Regione più indebitata, ma
il disavanzo a
tutt'oggi risulta incomprensibile.
Infatti, se a fronte della spesa ci fosse
la migliore
sanità del Paese, se il personale medico e
paramedico fosse
incentivato economicamente e se
gli ospedali venissero ristrutturati e
offrissero servizi
al top, non risulterebbe comunque
giustificato, ma
almeno i motivi di fondo potrebbero renderlo
comprensibile.
Invece non è così.
Ancora oggi nel Lazio dobbiamo subire disservizi di
varia entità e
consistenza, da anni si riducono posti
letto pubblici, si bloccano le
spese correnti, non si
incentiva il lavoro, si tagliano stipendi o si
ritarda
nell'adeguamento di nuovi contratti, non si
ristrutturano gli
ospedali, i tempi di attesa non si
riducono e si rende difficile la vita
dei malati.
Prima hanno avviato le famigerate
cartolarizzazioni,
ovvero hanno indebitato le generazioni future, poi
hanno venduto le strutture ospedaliere.
Le voci degli Amministratori di turno tacciono in
merito ai disservizi,
ma quando qualcuno protesta si
levano sussulti che hanno più il sapore
del gioco al
rimbalzo che all'ammissione delle proprie
responsabilità.
Il Governatore Marrazzo ha attribuito il
debito-
voragine alla Giunta precedente, ma la Corte dei
Conti dopo
quattro anni è riuscita finalmente a
capire che la discesa economica
della Sanità Laziale
è iniziata molto tempo fa, ancora prima del mandato
a Storace.
E allora la colpa del grosso buco nel quale è
precipitata la Sanità
Regionale è degli ammalati e dei
loro familiari, perché sono i soliti
creduloni che si
affidano a programmi, proclami e promesse.
Sempre più ridotti a pacchi postali
perché costretti
ad intraprendere viaggi di andata e ritorno, agli
ammalati la politica attuale di certo ci pensa poco.
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