La più recente Lettera Enciclica del
Sommo
Pontefice rilancia schiettamente un sistema di vita,
un modus
vivendi et operandi, da tempo relegato
nell'armadio che la distorta
logica neocapitalista
dell'estremizzazione del profitto ha costruito
appositamente per "incatenare" tutte quelle idee che
pongano l'Uomo al
centro e l'economia, la politica,
la tecnica al suo servizio.
Lo sviluppo integrale di tutto l'Uomo e
di tutti gli
uomini - sostiene il Papa - non può più essere
rimandato a
data da destinarsi, giacché ci troviamo
in presenza di un momento
cruciale della storia
dell'umanità.
La globalizzazione, tematica che permea
l'opera,
costituisce quell'input antropologico che fa scattare
la
molla di un ripensamento delle odierne relazioni
interpersonali, dei
rapporti uomo-società/società-
uomo, dei ruoli assegnati - spesso in
chiave anti-
umana - ad ambiti sociali quali la tecnologia,
l'economia,
la politica, la globalizzazione stessa.
Per cogliere appieno l'essenza
filosofico-morale
dell'Enciclica è necessario leggere la citazione
biblica che il Papa stesso riporta nella
"Conclusione" della "Caritas in
Veritate":
"Il mondo, la vita,
la morte, il presente, il futuro: tutto
è vostro!
Ma voi siete di Cristo e Cristo è di
Dio"
(1 Cor 3, 22-23).
I versetti di cui sopra possono essere
considerati
l'emblema dello spirito che anima questa fatica
letteraria
del Vescovo di Roma:
un umanesimo nuovo, che pone l'uomo al centro
del
mondo, nel rispetto e nella contemplazione del
Creatore, non è solo
possibile ma indispensabile, se
si vuole davvero uscire dall'avvilente e
arrogante
materialismo ottuso che ha reso gli uomini ciechi e li
ha
portati a credere di essere autosufficienti,
autodeterminanti e padroni
assoluti di ciò che li
circonda.
È necessario, dunque, porre fine
all'illusione
dell'umana onnipotenza perché "l'umanesimo che
esclude
Dio è un umanesimo disumano".
In quest'opera troviamo anche la classica
impostazione tanto cara al
Pontefice, ossia quella
che vede Ragione e Fede unite in un fecondo
connubio finalizzato al corretto sviluppo umano.
"Astratta dal puro fare tecnico, la ragione senza la
fede è destinata
a perdersi nell'illusione della propria
onnipotenza.
La fede senza la ragione, rischia
l'estraniamento
dalla vita concreta delle persone".
Benedetto XVI è riuscito nella difficile
impresa, in
ossequio all'assioma dell'unità inscindibile tra Fede
e
Ragione, di dare alle stampe un'opera che, non
smarrendo mai - e come
avremmo potuto dubitarne?
- la strada dell'insegnamento divino, si
addentra
nelle più spinose tematiche, molte delle quali tuttora
irrisolte, dei nostri tempi.
Si parla di bioetica, vista con lo
sguardo di una
Persona che ha ben chiaro il valore della vita e il
dovere morale di difenderla.
Si parla di aborto, di dignità della
persona.
Si cerca di trovare una sintesi il più
possibile ispirata
a canoni di giustizia circa il problema della
globalizzazione, la questione dell'identità smarrita,
l'ambiente, il
nuovo ruolo etico delle imprese nonché
del consumatore, in favore del
quale si teorizza la
crescita delle cooperative di consumo in difesa del
suo ruolo e della sua "responsabilità sociale".
Perché "un più incisivo ruolo dei
consumatori,
quando non vengano manipolati essi stessi da
associazioni
non veramente rappresentative, è
auspicabile come fattore di democrazia
economica".
È un'opera che riconosce l'importanza
della
"Populorum progressio" di Paolo VI, ma non manca
di citare
Giovanni Paolo II.
Si tratta, in conclusione, di un'Enciclica che col
passare del tempo
sarà destinata ad acquisire un
ruolo di primaria importanza all'interno
dei
documenti concernenti la Dottrina Sociale della
Chiesa.
Non solo:
questa Enciclica, avendo
carattere "integralmente
umano", è dunque, oltre che un pilastro
intellettuale
della Chiesa, anche un documento che si presta
benissimo
al dibattito inteso come fonte di crescita
morale per tutti coloro,
cristiani e non, che vorranno
mettere in comunione il proprio pensiero -
sia esso
più o meno vicino al messaggio della "Caritas in
Veritate" -
con quello del Santo Padre.
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