La donna e il suo ruolo di madre.
Questo il tema al centro del libro di
Rita El Khayat
che offre una vasta panoramica a livello mondiale.
Dopo aver presentato e messo in relazione
le diverse
situazioni di numerosi Paesi ("un gioco da ragazzi
per chi
ha studiato tanto come me",
confessa),
l'autrice inizia a trarre le
somme, a spiegare i perché
di determinate condizioni in cui la donna si
trova a
vivere la maternità, a motivare le somiglianze e le
differenze.
Naturalmente non poteva non affrontare le
questioni
"poligamia" e "Islam", strettamente connesse.
Sebbene lei non condivida affatto la
prima, non pụ
negare che nel mondo arabo abbia ragioni profonde
d'essere:
per l'Islam la madre è sacra, sono le donne più
rispettate;
più fanno figli, soprattutto maschi, più sono
importanti.
È un modo di esercitare il potere, anche
dopo la
menopausa, diventando matriarche, ovvero
conservatrici del
sistema.
Esistono molti tipi di poligamia, ma la
El Khayat si
sofferma ad analizzare in particolare quella
musulmana che
dà un motivo in più per ammetterla:
Maometto ha avuto una moglie più
grande di lui a
cui è rimasto fedele tutta la vita, ma dopo la sua
morte
ha avuto più donne.
Insomma la poligamia è uno dei pilastri
dell'Islam
per questo gli integralisti vogliono mantenerla viva.
Ma, assicura la scrittrice, "secondo
la mia esperienza
personale è stato terribile essere una donna araba:
sono estremamente represse e aggressive".
Da qui nasce il suo 'complesso di Medea':
ovvero il fatto che la donna che diventi madre senza
avere un buon
rapporto col marito, proietti sul figlio
la violenza psico-fisica
ricevuta dal partner.
Col suo libro l'obiettivo è superare
questo
complesso e anche quello di Edipo di Freud.
Ella, infatti, in quanto psicoanalista ed
etnopsichiatra, allieva di Georges Devereux, uno dei
30 eredi
riconosciuti di Sigmund Freud, sente di
avere il "dovere di portare
più in là il loro pensiero".
Ed è anche per questo che nel 1999, prima
donna
araba, scrive una lettera a Re Mohammed VI, per
richiedere alcune
importanti modifiche, in parte
ottenute, della Moudawana, una
sorta di Codice di
Famiglia che in molti paesi arabi e islamici continua
a mantenere le donne in una condizione di assoluta
minorità giuridica.
Nell'ultimo tratto, letto durante
l'incontro a
Manziana, chiede proprio al sovrano l'abolizione
della
poligamia.
Per ottenere questo risultato, peṛ, è consapevole
che ci vuole un
impegno e un aiuto anche
dall'Occidente.
Pertanto ha colto l'occasione per
lanciare un appello
all'Italia a collaborare in questo senso.
La scrittrice, infatti, è molto legata al
nostro Paese,
(ha infatti ricevuto la cittadinanza onoraria italiana
nel
2006, dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano,
per meriti speciali in
campo sociale, scientifico e
culturale), che definisce all'avanguardia
rispetto ad
altri come la Francia, da cui, dopo gli studi di
specializzazione, è "fuggita" per non essere
l'araba
di servizio".
Quello che desidera è che il Belpaese
capisca come
qui arrivi "gente povera, analfabeta, senza nessuna
cultura se non le loro credenze religiose che hanno
3-4 secoli di
ritardo rispetto a voi".
Per questo insiste sul fatto che
"bisogna che siano
tutte istruite e vadano all'Università" perché,
sottolinea, "finché le donne non cambieranno il
sistema non cambierà"
e anche fenomeni come la
droga, la violenza e la prostituzione si
diffonderanno
di più.
Proprio questo unifica un po' tutto il
mondo, il
Marocco, l'Italia e Casablanca, la città in cui ora vive.
Pertanto ha deciso di "essere là
[in Marocco ndr]
parlando qui, per abolire le distanze, le barriere
tra i
popoli e le persone".
Tra i sessi si potrebbe aggiungere,
perché in ognuno
di noi c'è una componente maschile e una femminile,
spiega.
Essenziale, ad esempio, sarebbe rendere
l'uomo più
partecipe in una gravidanza e anche nel momento
della
nascita, ricorda la El Khayat, perché se un
padre solleva il figlio
prendendolo dietro la schiena,
il bambino si sentirà più sicuro;
in
merito è categorica:
"Bisogna trasformare la condizione della
maternità,
che è un ruolo duro, anche se in molti paesi è vietato
dirlo.
Cị riguarda la
trasformazione umana futura.
Bisogna andare più veloce perché oggi
esistono
delle modalità come le provette e la biogenetica che
permettono
di mettere al mondo un figlio in maniera
diversa".
Ma non è facile, molto resta ancora da
cambiare.
Innanzitutto bisogna superare gli egoismi
individuali
e avere un'apertura mentale che non sempre si
riscontra nei
singoli.
Cị è stato evidente nel dibattito finale
in cui una
signora domanda:
"Ci chiedete di aiutarvi contro il vostro
integralismo,
ma chi aiuta noi a superare il nostro?"
E la risposta della scrittrice è
disarmante:
"La differenza è che qui potete dire le cose in piazza
senza rischiare di essere uccisi!"
Cosa obiettare?
Nulla se non rilevare che Rita El Khayat
con le sue
parole si rivela una vera "bomba umana", come si
definisce ella stessa, una che lavora
"instancabilmente per la pace",
cosa che le ha
permesso di ottenere molti riconoscimenti come il
Premio
Internazionale per la Letteratura "Il Lazio tra
l'Europa e il
Mediterraneo", conferitole dalla Regione
Lazio e dell'Ambasciatore del
Regno del Marocco a
Roma.
E di essere plurinominata come candidata
al Premio
Nobel per la Pace nel 2008.
Insomma una vera erede di Dacia Maraini,
che
conquisṭ, nell'appuntamento organizzato
dall'"Officina delle donne"
lo scorso anno, il
pubblico di Manziana.
Indubbiamente due personalità
carismatiche.
È proprio il coraggio con cui lottano per
i loro ideali
ad affascinare oltre alla loro simpatia e capacità di
interagire con gli spettatori (la El Khayat ha detto
anche qualche frase
in italiano in apertura e sia il
Vicesindaco, Massimo Piras, che
l'Assessore alle
Politiche della Scuola della Provincia di Roma, Paola
Rita Stella, l'hanno definita "un esempio" proprio per
la sua
caparbietà).
Due donne dalla grande sensibilità
intellettuale e
umana:
la El Khayat non ha dimenticato di ricordare
l'Aquila,
che, a suo avviso, "ha bisogno non solo di soldi, ma
di
aiuto umanitario", sostegno psicologico e affettivo
che hanno
scarseggiato.
Merito all'"Officina delle donne" per
organizzare
incontri coś significativi!
Notevole, infine, il lavoro di traduzione
simultanea
svolto da Antonella Perlino. |