Manziana, Roma

luned́ 20 luglio 2009

   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

Rita El Khayat a Manziana

 

                                   

 

                                   

 

 

 

di Barbara Conti

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Un momento dell'entusiasmante incontro con Rita El Khayat a

Manziana

(Foto © Pierstefano Durantini)

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

In tanti sono venuti ad assistere alla

presentazione del libro di Rita El

Khayat "Il Complesso di Medea" sabato

18 luglio scorso a Manziana.

 

Un'iniziativa organizzata dall'"Officina

delle donne" - Associazione Culturale

Femminile Onlus - e patrocinata dal

Comune.

 

 

E dopo un dibattito finale molto

partecipato e animato, uno solo il

messaggio che ne rimane, lanciato con

forza dall'autrice arabo-francese,

protagonista carismatica in assoluto:

aboliamo le barriere culturali, religiose

e anche sessuali;

niente più distinzioni tra uomini e

donne;

la parola d'ordine è "universalismo".

   

 

                                   

 

                             

 

                                   

 

                         

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La donna e il suo ruolo di madre.

 

Questo il tema al centro del libro di Rita El Khayat

che offre una vasta panoramica a livello mondiale.

 

 

Dopo aver presentato e messo in relazione le diverse

situazioni di numerosi Paesi ("un gioco da ragazzi

per chi ha studiato tanto come me", confessa),

l'autrice inizia a trarre le somme, a spiegare i perché

di determinate condizioni in cui la donna si trova a

vivere la maternità, a motivare le somiglianze e le

differenze.

 

Naturalmente non poteva non affrontare le questioni

"poligamia" e "Islam", strettamente connesse.

 

 

Sebbene lei non condivida affatto la prima, non pụ

negare che nel mondo arabo abbia ragioni profonde

d'essere:

per l'Islam la madre è sacra, sono le donne più

rispettate;

più fanno figli, soprattutto maschi, più sono

importanti.

 

È un modo di esercitare il potere, anche dopo la

menopausa, diventando matriarche, ovvero

conservatrici del sistema.

 

 

Esistono molti tipi di poligamia, ma la El Khayat si

sofferma ad analizzare in particolare quella

musulmana che dà un motivo in più per ammetterla:

Maometto ha avuto una moglie più grande di lui a

cui è rimasto fedele tutta la vita, ma dopo la sua

morte ha avuto più donne.

 

Insomma la poligamia è uno dei pilastri dell'Islam

per questo gli integralisti vogliono mantenerla viva.

 

 

Ma, assicura la scrittrice, "secondo la mia esperienza

personale è stato terribile essere una donna araba:

sono estremamente represse e aggressive".

 

Da qui nasce il suo 'complesso di Medea':

ovvero il fatto che la donna che diventi madre senza

avere un buon rapporto col marito, proietti sul figlio

la violenza psico-fisica ricevuta dal partner.

 

 

Col suo libro l'obiettivo è superare questo

complesso e anche quello di Edipo di Freud.

 

Ella, infatti, in quanto psicoanalista ed

etnopsichiatra, allieva di Georges Devereux, uno dei

30 eredi riconosciuti di Sigmund Freud, sente di

avere il "dovere di portare più in là il loro pensiero".

 

 

Ed è anche per questo che nel 1999, prima donna

araba, scrive una lettera a Re Mohammed VI, per

richiedere alcune importanti modifiche, in parte

ottenute, della Moudawana, una sorta di Codice di

Famiglia che in molti paesi arabi e islamici continua

a mantenere le donne in una condizione di assoluta

minorità giuridica.

 

Nell'ultimo tratto, letto durante l'incontro a

Manziana, chiede proprio al sovrano l'abolizione

della poligamia.

 

 

Per ottenere questo risultato, peṛ, è consapevole

che ci vuole un impegno e un aiuto anche

dall'Occidente.

 

Pertanto ha colto l'occasione per lanciare un appello

all'Italia a collaborare in questo senso.

 

 

La scrittrice, infatti, è molto legata al nostro Paese,

(ha infatti ricevuto la cittadinanza onoraria italiana

nel 2006, dal Capo dello Stato Giorgio Napolitano,

per meriti speciali in campo sociale, scientifico e

culturale), che definisce all'avanguardia rispetto ad

altri come la Francia, da cui, dopo gli studi di

specializzazione, è "fuggita" per non essere l'araba

di servizio".

 

Quello che desidera è che il Belpaese capisca come

qui arrivi "gente povera, analfabeta, senza nessuna

cultura se non le loro credenze religiose che hanno

3-4 secoli di ritardo rispetto a voi".

 

 

Per questo insiste sul fatto che "bisogna che siano

tutte istruite e vadano all'Università" perché,

sottolinea, "finché le donne non cambieranno il

sistema non cambierà" e anche fenomeni come la

droga, la violenza e la prostituzione si diffonderanno

di più.

 

Proprio questo unifica un po' tutto il mondo, il

Marocco, l'Italia e Casablanca, la città in cui ora vive.

 

 

Pertanto ha deciso di "essere là [in Marocco ndr]

parlando qui, per abolire le distanze, le barriere tra i

popoli e le persone".

 

Tra i sessi si potrebbe aggiungere, perché in ognuno

di noi c'è una componente maschile e una femminile,

spiega.

 

 

Essenziale, ad esempio, sarebbe rendere l'uomo più

partecipe in una gravidanza e anche nel momento

della nascita, ricorda la El Khayat, perché se un

padre solleva il figlio prendendolo dietro la schiena,

il bambino si sentirà più sicuro;

in merito è categorica:

"Bisogna trasformare la condizione della maternità,

che è un ruolo duro, anche se in molti paesi è vietato

dirlo.

 

Cị riguarda la trasformazione umana futura.

 

Bisogna andare più veloce perché oggi esistono

delle modalità come le provette e la biogenetica che

permettono di mettere al mondo un figlio in maniera

diversa".

 

 

Ma non è facile, molto resta ancora da cambiare.

 

Innanzitutto bisogna superare gli egoismi individuali

e avere un'apertura mentale che non sempre si

riscontra nei singoli.

 

 

Cị è stato evidente nel dibattito finale in cui una

signora domanda:

"Ci chiedete di aiutarvi contro il vostro integralismo,

ma chi aiuta noi a superare il nostro?"

 

E la risposta della scrittrice è disarmante:

"La differenza è che qui potete dire le cose in piazza

senza rischiare di essere uccisi!"

 

 

Cosa obiettare?

 

Nulla se non rilevare che Rita El Khayat con le sue

parole si rivela una vera "bomba umana", come si

definisce ella stessa, una che lavora

"instancabilmente per la pace", cosa che le ha

permesso di ottenere molti riconoscimenti come il

Premio Internazionale per la Letteratura "Il Lazio tra

l'Europa e il Mediterraneo", conferitole dalla Regione

Lazio e dell'Ambasciatore del Regno del Marocco a

Roma.

 

E di essere plurinominata come candidata al Premio

Nobel per la Pace nel 2008.

 

 

Insomma una vera erede di Dacia Maraini, che

conquisṭ, nell'appuntamento organizzato

dall'"Officina delle donne" lo scorso anno, il

pubblico di Manziana.

 

Indubbiamente due personalità carismatiche.

 

 

È proprio il coraggio con cui lottano per i loro ideali

ad affascinare oltre alla loro simpatia e capacità di

interagire con gli spettatori (la El Khayat ha detto

anche qualche frase in italiano in apertura e sia il

Vicesindaco, Massimo Piras, che l'Assessore alle

Politiche della Scuola della Provincia di Roma, Paola

Rita Stella, l'hanno definita "un esempio" proprio per

la sua caparbietà).

 

Due donne dalla grande sensibilità intellettuale e

umana:

la El Khayat non ha dimenticato di ricordare l'Aquila,

che, a suo avviso, "ha bisogno non solo di soldi, ma

di aiuto umanitario", sostegno psicologico e affettivo

che hanno scarseggiato.

 

 

Merito all'"Officina delle donne" per organizzare

incontri coś significativi!

 

Notevole, infine, il lavoro di traduzione simultanea

svolto da Antonella Perlino.