Capranica, Viterbo

giovedì 5 novembre 2009

   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

"Come qualcuno di voi

sa…" -

Una storia di violenza

senza fine

 

                                   

 

                                   

 

 

 

di Doriana Goracci

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

"Se la Solidarietà è un'arma - Io la uso!"

(Foto di repertorio)

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

Alla vostra attenzione:

l'ho scritto all'alba, erano le 4.

 

Alle 11 ho finito di parlare con Renata

Fortuna e questo è il commento che vi

allego e invio, apprendendo sgomenta

ben altro...

 

Usate come potete, ma vi prego

- usate!

   

 

                                   

 

                             

 

                                   

 

                         

Salta la lettura

   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

5 novembre 2009, ore 11.06

 

In questo momento ho concluso la lunga telefonata

con Renata Fortuna, la madre di cui parlo e ho scritto

stanotte.

 

 

Non è una storia solo di maltrattamenti al figlio con

disagi, è una storia di violenza senza fine, iniziata a

Roma, venti anni fa, quanti sono gli anni di Mirko.

 

Renata fece 102 denunce per sequestro di persona

abusi e violenze perpetrate dal marito, fu seguita dal

centro antiviolenza di Torre Spaccata e dal Centro di

Marino dove risiedeva.

 

 

Alla fine il giudice tutelare e le associazioni le

proposero di riparare in Spagna o a Parma, in

struttura protetta.

 

Scelse quest'ultima per sè e i suoi tre figli, ci sono

oltre Mirko, altre due figlie più piccole.

 

 

Dopo due anni trascorsi presso una casa di

accoglienza di suore, le venne data una casa dal

Comune, definita pietosa da Renata, chiedeva

almeno una stanza per Mirko il più colpito dei suoi

tre figli.

 

Sono dieci anni che Renata vive lì, guadagna con una

cooperativa di pulizie circa 300 euro al mese, una

figlia studia ancora come parrucchiera, l'altra lavora

con un patrocinio.

 

 

Mirko non è mai più stato seguito dopo le scuole

medie, se non per gli ultimi tempi, con i risultati di

cui sopra.

 

Renata mi ha detto, ora dorme, sta nella sua camera.

 

 

Non chiedo per Renata e i suoi figli attenzione,

pretendo che i Media usino i loro mezzi per far luce

su questo totale abbandono e a chi mi legge, la più

ampia diffusione.

 

Nessun silenzio.

 

 

Questo articolo, su questo sito, si offre per essere un

riferimento chiaro e senza riserva alcuna!

 

"Come qualcuno di voi sa…"

 

 

Così inizia una una lettera inviata a due oltre me, a

stretto giro di collettivi e coordinamenti.

 

Non conosco chi sia il mittente, di cosa parla ma

conosco gli altri che l'hanno ricevuta, mi conforta,

vado avanti nella lettura e non mi sento bene affatto.

 

 

Ora so un po' di più di una madre che denuncia ai

carabinieri i maltrattamenti subiti dal giovane figlio

nel Centro di Salute Mentale 24 ore a San Polo nel

Comune di Torrile in Provincia di Parma:

non sanno migliaia di persone quello che avviene tra

4 mura pubbliche di una struttura cosiddetta

sanitaria.

 

E allora?

 

 

Allora scrivo, batto i tasti e spero che vogliate fare

altrettanto, inviando, diffondendo, aiutando nel far

sapere.

 

C'è sempre un ricordo che ci muove e lo racconto

brevemente il mio, prima della lettera.

 

 

Avevo diciotto anni quando mia nonna, una persona

umile e un po' bislacca, mi chiese di andare a trovare

una sua amica in manicomio, ci stava chiusa da

anni, da quando aveva sentito le voci:

erano i due piccoli figli morti per la pandemia

dell'epoca, una spagnola che tradiva qualunque

amore.

 

 

E il marito padre, pensò bene che l'unica cura era

fargliele sentire le voci tra altre mura, che non quelle

di casa.

 

Uscì da lì solo quando era morta e forse è stato

meglio così, le porte le avevano ormai aperte ma lei

aveva paura, non più di quello che aveva dentro ma

di quello che c'era fuori.

 

 

Fu così che entrai a Santa Maria della Pietà a Roma e

vidi un bambino che sembrava un pinocchietto, fare

su e giù, in moto perpetuo sopra una sedia e certi

aggirarsi e altre dietro a una rete.

 

Lei era dentro, arrivò nella stanza, nuda e squallida

ma con un bel crocefisso attaccato, era grossa al

punto che non sapevo da dove cominciare a

guardarla… e mi disse "ti manda Pia?".

 

 

Mi chiese che facevo, gli anni e poi come era il cielo

fuori, non volle niente perché aveva paura che glielo

avrebbero preso le altre, ma lo specchietto sì, lo

nascose tra le mani, in una sacchetta tra stoffa e

carne e mi disse quello che faceva, le pulizie, i

pasti…

 

Arrivò poi un'inserviente, era una lontana cugina di

mia nonna, assunta perché il padre l'avevano

ammazzato di notte con una spranga del letto, era

solo in corsia…

 

 

Allora…

 

Allora la apro, questa lettera, per conoscenza

diffusione denuncia proposizione, proprio come fà

una certa Maria della televisione, ma lì si incontrano

i destini, i fatti, le persone, c'è anche chi non apre la

posta e intanto hanno visto e sentito a milioni.

 

 

Il 4 novembre del 2009, ormai passato, ci ha scritto

Vincenzo Serra, il cognato di Francesco

Mastrogiovanni:

"Oggi sono trascorsi tre mesi dalla morte di

Francesco presso l'Ospedale Pubblico di Vallo della

Lucania.

 

Voglio ringraziare anche a nome dei familiari tutte le

persone che ci sono state vicine!"

 

 

La madre del ragazzo afferma nell'articolo della

Gazzetta di Parma e nella lettera che invio, che andrà

fino in fondo, non solo per suo figlio ma per i tanti

giovani che non possono rimanere soli e nel

silenzio.

 

Fateci sperare che possa essere anche questa

Informazione!

   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

                                   

 

 

 

"Carissimi Compagni,

 

 

come qualcuno di voi sa lavoro presso una struttura

psichiatrica denominata "CSM 24 ore" a S. Polo di

Torrile, Parma.

 

Sono un educatore che si riferisce alla Pedagogia

Libertaria, ai principi della "Escuela Moderna" di

Ferrer, alla deistituzionalizzazione di Basaglia ma

soprattutto sono un aderente alle idee

dell'Antipsichiatria di Giorgio Antonucci e di tanti

altri che si oppongono alla psichiatria.

 

 

Voglio segnalare che dopo una serie di episodi di

maltrattamento subiti da un ragazzo ricoverato in

struttura, la madre ha deciso di denunciare il tutto ai

CC.

 

Sappiamo benissimo che certe denunce non fanno

molta strada, sicuramente chi sapeva ha avuto un

improvviso e strano buco di memoria:

ricorda benissimo quello che è accaduto prima del

ricovero del ragazzo e dopo la sua dimissione da

questa specie di manicomio non dichiarato, ma se

chiedete se ha sentito o avuto notizia di qualcosa, vi

risponde con i soliti 'non c'ero', 'non ricordo', 'non mi

risulta'...

 

 

VERGOGNA!!!

 

Stranamente anche chi mi confermava le cose che

ho denunciato è stata affetta da 'dimenticanza

opportuna da inchiesta giudiziaria', per cui

difficilmente mi troverò a testimoniare fatti e

personaggi in numerosa compagnia.

 

 

Ma la cosa non mi spaventa.

 

Quello che mi spaventa è il silenzio che si cerca di

costruire attorno a questa faccenda.

 

 

Per quanto mi riguarda ho già avuto modo di

assicurare al ragazzo ed ai suoi parenti la mia

disponibilità ed il mio aiuto.

 

Penso però che il mio solo aiuto non sia sufficiente.

 

 

C'è il rischio che passata la bufera ci si ritrovi ancora

con persone maltrattate in strutture sanitarie

pubbliche, senza che l'opinione pubblica ne sappia

niente, con tutto il fardello di queste atrocità

unicamente sulle spalle di chi le subisce, senza avere

il coraggio e la possibilità della denuncia, anzi con la

vergogna di avere in casa un parente 'malato di

mente'.

 

La madre di questo ragazzo, da quello che dicono i

giornali (Informazione di Parma del 27-10-09 e

Gazzetta di Parma del 29-10-09) ha denunciato 6

persone tra infermieri e operatori sanitari.

 

 

Ha potuto fare questo anche perchè non è stata

lasciata sola:

nella sua lotta contro l'ingiustizia e la vigliacca

violenza, di chi pensa di avere il potere di decidere

della salute e della vita stessa degli altri, ha trovato

delle persone che, in coerenza con il proprio

quotidiano lavoro di solidarietà e vicinanza, hanno

deciso da che parte stare, e lo hanno fatto

concretamente.

 

Se la Solidarietà è un'arma io la uso per esprimere la

mia più totale vicinanza e condivisione alle vittime

(pazienti e parenti), esprimo la mia più totale distanza

da pratiche manicomiali che non dovrebbero avere

spazio in una società che voglia definirsi umana.

 

 

Chiedo a tutti la disponibilità, nel possibile, ad

esprimere la propria solidarietà alle vittime anche

con atti concreti:

pensiamo ad organizzare per esempio un sit-in in

città per poter denunciare meglio alla pubblica

opinione quello che succede al chiuso delle stanze…

 

Vi rigrazio per la vostra disponibilità!

 

 

Se volete prendere contatti direttamente con la

madre del ragazzo:

 

Renata Fortuna,

329-986 71 06."