5 novembre 2009, ore 11.06
In questo momento ho concluso la lunga
telefonata
con Renata Fortuna, la madre di cui parlo e ho scritto
stanotte.
Non è una storia solo di
maltrattamenti al figlio con
disagi, è una storia di violenza senza
fine, iniziata a
Roma, venti anni fa, quanti sono gli anni di Mirko.
Renata fece 102 denunce per sequestro
di persona
abusi e violenze perpetrate dal marito, fu seguita dal
centro
antiviolenza di Torre Spaccata e dal Centro di
Marino dove risiedeva.
Alla fine il giudice tutelare e le
associazioni le
proposero di riparare in Spagna o a Parma, in
struttura
protetta.
Scelse quest'ultima per sè e i suoi
tre figli, ci sono
oltre Mirko, altre due figlie più piccole.
Dopo due anni trascorsi presso una
casa di
accoglienza di suore, le venne data una casa dal
Comune,
definita pietosa da Renata, chiedeva
almeno una stanza per Mirko il più
colpito dei suoi
tre figli.
Sono dieci anni che Renata vive lì,
guadagna con una
cooperativa di pulizie circa 300 euro al mese, una
figlia studia ancora come parrucchiera, l'altra lavora
con un patrocinio.
Mirko non è mai più stato seguito dopo
le scuole
medie, se non per gli ultimi tempi, con i risultati di
cui
sopra.
Renata mi ha detto, ora dorme, sta nella sua camera.
Non chiedo per Renata e i suoi figli
attenzione,
pretendo che i Media usino i loro mezzi per far luce
su
questo totale abbandono e a chi mi legge, la più
ampia diffusione.
Nessun silenzio.
Questo articolo, su questo sito, si
offre per essere un
riferimento chiaro e senza riserva alcuna!
"Come qualcuno di voi
sa…"
Così inizia una una lettera inviata a due
oltre me, a
stretto giro di collettivi e coordinamenti.
Non conosco chi sia il mittente, di cosa
parla ma
conosco gli altri che l'hanno ricevuta, mi conforta,
vado
avanti nella lettura e non mi sento bene affatto.
Ora so un po' di più di una madre che
denuncia ai
carabinieri i maltrattamenti subiti dal giovane figlio
nel
Centro di Salute Mentale 24 ore a San Polo nel
Comune di Torrile in
Provincia di Parma:
non sanno migliaia di persone quello che avviene tra
4 mura pubbliche di una struttura cosiddetta
sanitaria.
E allora?
Allora scrivo, batto i tasti e spero che
vogliate fare
altrettanto, inviando, diffondendo, aiutando nel far
sapere.
C'è sempre un ricordo che ci muove e lo
racconto
brevemente il mio, prima della lettera.
Avevo diciotto anni quando mia nonna, una persona
umile e un po'
bislacca, mi chiese di andare a trovare
una sua amica in manicomio, ci
stava chiusa da
anni, da quando aveva sentito le voci:
erano i due
piccoli figli morti per la pandemia
dell'epoca, una spagnola che tradiva
qualunque
amore.
E il marito padre, pensò bene che l'unica
cura era
fargliele sentire le voci tra altre mura, che non quelle
di
casa.
Uscì da lì solo quando era morta e forse
è stato
meglio così, le porte le avevano ormai aperte ma lei
aveva paura,
non più di quello che aveva dentro ma
di quello che c'era fuori.
Fu così che entrai a Santa Maria della
Pietà a Roma e
vidi un bambino che sembrava un pinocchietto, fare
su e
giù, in moto perpetuo sopra una sedia e certi
aggirarsi e altre dietro a
una rete.
Lei era dentro, arrivò nella stanza, nuda
e squallida
ma con un bel crocefisso attaccato, era grossa al
punto che
non sapevo da dove cominciare a
guardarla… e mi disse "ti manda Pia?".
Mi chiese che facevo, gli anni e poi come
era il cielo
fuori, non volle niente perché aveva
paura che glielo
avrebbero preso le altre, ma lo specchietto sì, lo
nascose tra le mani, in una sacchetta tra stoffa e
carne e mi disse
quello che faceva, le pulizie, i
pasti…
Arrivò poi un'inserviente, era una
lontana cugina di
mia nonna, assunta perché il padre l'avevano
ammazzato
di notte con una spranga del letto, era
solo in corsia…
Allora…
Allora la apro, questa lettera, per
conoscenza
diffusione denuncia proposizione, proprio come fà
una certa
Maria della televisione, ma lì si incontrano
i destini, i fatti, le
persone, c'è anche chi non apre la
posta e intanto hanno visto e sentito
a milioni.
Il 4 novembre del 2009, ormai passato, ci
ha scritto
Vincenzo Serra, il cognato di Francesco
Mastrogiovanni:
"Oggi sono trascorsi tre mesi dalla
morte di
Francesco presso l'Ospedale Pubblico di Vallo della
Lucania.
Voglio ringraziare anche a nome dei
familiari tutte le
persone che ci sono state vicine!"
La madre del ragazzo afferma
nell'articolo della
Gazzetta di Parma e nella lettera che invio, che
andrà
fino in fondo, non solo per suo figlio ma per i tanti
giovani che
non possono rimanere soli e nel
silenzio.
Fateci sperare che possa essere anche questa
Informazione!
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